24.4.06

Matteo Bertinotti

Dice Matteo Bordone sul suo blog:

I consider des de marchet

Qualche tempo fa la più grande compagnia telefonica del mondo fu chiamata in tribunale dal Dipartimento di Giustizia per pratiche anticoncorrenziali e posizione dominante (l’antitrust ce l’ha coi trust, non coi procioni: lo dice la parola stessa). Nel 1982 la causa arrivò a un verdetto definitivo e la AT&T dovette sbembrarsi, vendere le proprie affiliate regionali, rinunciare al 70% del proprio valore e continuare ad esistere rimpicciolita, come era stato stabilito. Chiaramente le cosiddette baby bell furono comprate in cambio di soldi, non espropriate dal governo, e i dipendenti passarono da una società alle altre. Nessuno pensò si trattasse di socialismo reale. Che il mercato debba rispondere del proprio operato davanti al paese (e quindi davanti a giudici e politica secondo le regole e i limiti delle rispettive competenze) è normale dove sventola de american fleg. Perché quella lì nos only è se fleg of e cantri, baz anche quella della libertà in un senso un po’ più spesso del solito “grazie per le sigarette liberty”. Perché il mercato non è una meraviglia della natura tipo Moby Dick. E nemmeno qualcosa di superiore e divino come Apollo. Il mercato è A) un posto dove vai a comprare frutta e verdura sulle bancarelle oppure B) un sostantivo che riassume l’insieme di chi a qualsiasi livello fa parte del sistema economico. Cioè il mercato sono delle persone. Umani. Fallibili. Non è metafisica. Quelli che dicono che il mercato non si tocca mentono sapendo di mentire. Tutti si toccano. È una legge, questa sì, indiscutibile. Ai tempi del baratto forse no, ma da quando è adolescente, il mercato si tocca eccome.
E soprattutto per finire volevo chiedere una cosa ai dipendenti di Rete4: ma voi, se invece di Berlusconi vi paga Cazzulati, cosa ve ne frega?

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