Giornatona.
Foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto foto... all day long. Ce la faremo?
Si inizia da dove ci avevano chiuso la porta in faccia la sera prima, dal Cloitre Saint-Trophime, forse una tra le più belle sedi di mostre di Arles (ma questa cosa la scriverò anche per altri luoghi sede di mostre). Si tratta di un bellissimo chiostro attaccato alla cattedrale in stile romanico e gotico. Da una porticina si può uscire anche al piano superiore aperto del chiostro. Nella sala accanto alla porticina faccio forse la scoperta più interessante (anche più interessante so che lo ripeterò innumerevoli volte) dell'edizione di quest'anno di Les Rencontres.
Germaine Krull GERMAINE KRULL ET JACQUES RÉMY, UN VOYAGE, MARSEILLE RIO 1941 Sono le foto, la maggior parte delle quali mai pubblicate perché ritrovate in un secondo tempo, scattate da Krull durante il lunghissimo viaggio a più tappe in nave di alcuni intellettuali che scappavano dalla Francia occupata. Oltre alla storia che non conoscevo sono rimasta particolarmente colpita da questa fotografa donna nata nel 1897 - non credo ci fosse molte donne fotografe a quei tempi - e della sua vita avventurosa. Ho scovato la sua autobiografia che si chiama La vita conduce la danza che sicuramente leggerò. Incontreremo di nuovo Germaine Krull in altre mostre di Les Rencontres.
Sempre nel Cloitre Saint-Trophime c'è Emeric Lhuisset con WHEN THE CLOUDS SPEAK, bel titolo, video girato in Libano paese al quale sono legata, ma la mostra a me non speak.
La Fondation Manuel Olivera-Ortiz è un altro bel luogo. Un edificio a più piani in pieno centro un po' abbandonato, con i muri scrostati, enormi finestre, balconi interni e nessun mobilio tranne al primo piano dove c'è un bar. Qui ci sono più mostre. Una è anche sulle scale. In realtà scopro mentre scrivo che né sul programma di Les Rencontres de la photographie da me accuratamente conservato e né sul sito ci sono riportate tutte le mostre all'interno di questo edificio. Disastro, perché sto andando a memoria, non ho preso appunti. L'unica mostra riportata sul programma è quella che occupava tutto il piano terra: HEY! WHAT'S GOING ON? Attenzione, no. In realtà scopro mentre scrivo che come dice il sottotitolo quelle che credevo fossero più mostre invece è una sola perché "Dagli Stati Uniti alla Cina, dall'Ucraina al Brasile, un giro del mondo per immagini e un appello alla pace". Ecco, non molto chiara questa cosa. Comunque, questo giro del mondo per immagini e un appello alla pace consisteva al primo piano di fotografie, racconti, musica, memorabilia della casa discografica Motown, salendo le scale ci sono le foto dei bambini dei quartieri poveri di Ahmedabad, in India. Ai piani superiori delle enormi foto scattate in Cina della serie la nuova via della seta - molto belle queste, sono tante, diverse tra loro, paesaggi industriali, natura, tradizioni, botteghe, persone; altre mostre che ricordo vagamente, tra cui una anche italiana, e l'opera che mi è piaciuta di più, quella di Isa Ho, Peony. Si tratta di un video proiettato su un parete raffigurante in una metà dello schermo una danzatrice vestita in abiti tradizionali taiwanesi e dall'altra penso la stessa persona in abiti moderni succinti. Ballano la stessa canzone, che noi non sentiamo, la danzatrice tradizionale muovendosi nel modo delle danze tradizionali, quella contemporanea ispirandosi anche lei alle movenze antiche ma con gesti del K-pop, che credo sia un modo di ballare e forse anche un tipo di musica, e proiettata a rallentatore. Ipnotico. Qui sotto c'è un piccolo assaggio e Isa Ho è forte, quindi ve la linko.
Sul programma da me accuratamente custodito, a proposito di questa mostra, c'è anche scritto: in quest'era di dittature e regimi autoritari, in cui il populismo e il settarismo hanno trovato terreno fertile dal quale diffondere una nuova disorganizzazione mondiale, il programma di Hey! What's going on? risuona come un richiamo alla coscienza, alla dignità e alla pace, rivolgendo un'attenzione particolare alle popolazioni rimaste fuori dai media". Ecco, vorrei dire che questo intento nella mostra io non l'ho proprio percepito e lo capisco solo ora. Ma ben venga.
E ora via con le pessime biciclette del campeggio che fanno un rumore infernale ogni volta che freni e neanche frenano tanto e che non userò mai più in vita mia qui lo giuro.
L'Église de Frère Precheur è un'altra chiesa di quelle enormi, dai soffitti altissimi e tutta vuota. Qui c'è un'altra bella mostra, di quelle che non mi sono dimenticata: si chiama DATAZONE ed è di Philippe Chancel che negli ultimi 15 anni ha viaggiato per lungo e largo per il mondo per fotografare i luoghi più sensibili al cambiamento - in senso negativo - dovuto alla modernizzazione: povertà, orrendi eco-mostri, inondazioni, guerre, inquinamento... La mostra è suddivisa nelle varie cappelle; in ogni cappella una nazione diversa. Foto enormi sono anche appese al soffitto.
La stanchezza comincia a farsi sentire e delle mostre visitate prima di pranzo ricordo troppo poco. C'era quella su una rivista d'avanguardia belga degli anni trenta chiamata Variétés dove oltre che Man Ray e Laslo Maholy-Nagy ritrovo Germaine Krull (quella del viaggio in nave per scappare dalla Francia nazista) che già mi aveva incuriosito e ora vedendo le sue foto artistiche ancora di più. C'è anche una grossa mostra di Evangelia Kranioti dal titolo THE LIVING THE DEAD AND THOSE AT SEA. Un altro bel titolo di mostra che certe volte mi piacciono di più delle mostre stesse. La fotografa greca ha anche lei girato per lungo e largo soffermandosi sui luoghi di frontiera reali e simbolici: ci sono le cameriere africane e asiatiche che lavorano a Beirut fotografate tra le rovine della guerra in pose da concorso di bellezza, i rapporti d'amore tra i marinai di lungo corso e le prostitute delle città portuali, la scena queer di Rio de Janeiro.
Pranzo finalmente. Buonissimo, me lo ricordo bene. Un ristorante mediorientale, un couscous e un tajin eccezionali e un tè alla menta. E poi via di nuovo senza pietà.
Nei sotterranei della libreria Actes Sud (lo più bella libreria del mondo, cit.) c'è Camille Moirenc con RHONE. Fotografie lungo il Reno dalla sua sorgente in Svizzera fino a dove sbocca nel mare in Camargue. Bella idea.
Randa Mirza EL-ZOHRA WASN'T BORN IN A DAY. Non sono foto, più delle installazioni, dei diorama, cioè un'ambientazione in scala ridotta che crea una scena. Si ispirano a storie mitologiche mediorientali. Affascinanti.
Mentre scrivo questo post mi torna addosso tutta la fatica di quella giornata che non è ancora per niente finita. E fa anche un gran caldo. Forza e coraggio. Nella palestra di un liceo dove si fa la sauna una mostra di fotografia degli studenti. Nei capannoni della stazione ferroviaria tante (tante!) piccole mostre di giovani fotografi partecipanti al Louis Roederer Discovery Award di cui mi sono rimasti impressi solo gli enormi ventilatori a terra. Nel giardino della stazione forse uno dei lavori più belli grazie anche all'ambientazione in mezzo agli alberi: Mario del Curto (che non è italiano ma svizzero) VEGETAL HUMANITY, AS THE GARDEN UNFURLS. Un altro che ha girato in lungo e in largo, lui per esplorare il rapporto tra l'uomo e la natura. Le sue foto sono appese a strutture di legno sparse nel giardino, tra siepi, panchine e fronde di alberi. Poi alla Maison des Peintre dove ci sono ben 5 mostre, ma io me ne ricordo una solo, notevole. Una piccola casetta a due piani è tutta perfettamente arredata in stile americano anni 50 per mettere in mostra una serie di fotografie - alcune appese in cornici la maggior parte proiettate sui muri tipo diapositive - di sconosciuti. Fotografie di famiglia, dei pranzi del thanksgiving, dei party nella sala da pranzo, dei barbecue sul terrazzo, persone fotografate mentre dormono nella camera da letto, gli amici fotografati accanto al nuovo televisore nella stanza della TV, una signora succinta da spiare dal buco della serratura del bagno. La mostra si chiama infatti THE ANONYMOUS PROJECT. Alla Croisière di mostre ce ne sono ben 13! E c'è anche il bar libanese con i ghiaccioli più salutari, dal packaging più chic e col prezzo più caro del mondo. E noi ce li mangiamo. Sono abbastanza sicura che qui ho di nuovo incontrato Germaine Krull anche se non ricordo dove. Qui segnalo un'installazione fantastica di cui ci sono anche le foto di altre installazioni simili. Marjan Teeusen DESTROYED HOUSE. Da una piccola porticina e dopo aver dovuto lasciare le borse entriamo in una specie di labirinto nelle fondamenta dell'edificio. Questa specie di labirinto è costruito con la tecnica del muretto a secco con tutti i pezzi dell'edificio distrutto, tutti in ordine di tipo e di colore, legni, mattoni, cemento, ferri a costruire nuovi muri dove sono stati distrutti. Fantastico. Sempre nella Croisiére c'è Weston con la mostra presente alla prima edizione di Les Rencontres de la Photographie.
Per fortuna le mostre alle 19.00 chiudono (anche se non ci siamo fatti mancare un pezzo di video nella Église Saint-Blaise che poi non si capisce come mai queste chiese non sono per niente fresche, mah) perché altrimenti come degli automi noi avremmo proseguito.
Aperitivo nel Balkan bar, cena tipica arlesiana vista arena - cozze gratinate col formaggio - e poi a dormire sperando di non sognare.
Un post sulla fotografia senza fotografie ma con un video.
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