In una domenica d'inverno fredda, plumbea e ventosa (se non ricordo
male forse ha anche un po' piovuto) di febbraio io e la Gine ci siamo
incontrate a Volterra per andare a visitare l'ex Ospedale psichiatrico.
La visita guidata è organizzata dall'associazione Inclusione Graffio e Parola
che sono bravissimi, preparatissimi e simpatici. Quindi consigliatissimi. La nostra guida per
esempio è entrata nell'associazione ed è diventata guida proprio dopo
aver partecipato lei stessa a una visita guidata ed esserne rimasta
entusiasta.
A ritrovarci nel parcheggio dell'ospedale
dove paghiamo il biglietto siamo davvero tanti e infatti per partecipare
a queste visite bisogna prenotarsi con largo anticipo. La visita
consiste nel giro di edifici sparsi in un parco che facevano parte dell'ospedale
psichiatrico e che sono in stato di abbandono da moltissimi anni; la
qual cosa li rende sicuramente affascinanti ma che sono a rischio anche
di cadere giù del tutto o di essere inglobati dalla natura. I volontari dell'associazione ci hanno inoltre raccontato che da anni qualche riccone straniero, forse russo forse
arabo non ricordo più, sta cercando di comprare l'area per costruirci un resort di lusso
e sarebbe davvero un peccato perdere la possibilità di visitare questi monumenti.
Durante
il giro dei padiglioni, alcuni nei quali si può entrare, la guida in varie
tappe ci racconta tutta la storia dell'ospedale psichiatrico che è arrivato a ospitare quasi 5000 pazienti
all'inizio del 1900 sotto la direzione di Luigi Scabia, punto di
riferimento per quasi tutta l'Italia e che grazie al lavoro di questi
ospiti - il lavoro era considerato una terapia per i malati mentali e
anche una possibilità in più per il reinserimento nella società, anche
se secondo i critici di questa metodologia poteva essere anche
sfruttamento - produceva molto. Su Wikipedia c'è una pagina molto dettagliata sull'ex manicomio.
Fanno
parte della visita anche due inserti teatrali. Il primo si svolge all'interno
di un padiglione: un uomo che si riscalda intorno a un fuocherello di
fortuna (era febbraio, era grigio, c'era vento, i vetri del padiglione
erano tutti rotti) legge le lettere che i malati scrivevano ai
propri familiari. Purtroppo queste lettere non venivano spedite ai destinatari e nelle lettere, oltre ai racconti della loro vita nell'ospedale, ci sono anche le richieste disperate per una risposta da parte dei propri cari.
Il secondo inserto teatrale riguarda NOF4. NOF4 era Oreste Fernando Nannetti, degente della struttura dal 1958 che con la fibbia della sua cintura ha inciso il muro esterno del padiglione in cui viveva con due serie di graffiti. Nannetti era un malato abbastanza grave, che non dava noia a nessuno, ma non parlava neanche con nessuno, e gli infermieri gli lasciarono scrivere i suoi graffiti. Uno di questi infermieri però riuscì a fare breccia e a instaurarci un rapporto; di più: si affezionò così tanto al Nannetti che con estrema pazienza decifrò tutto il murales. Il volontario che ci racconta tutta la storia e che ci introduce al personaggio Nannetti (un attore) davanti a un pezzo di graffito è il figlio di questo infermiere. Come per il resto delle strutture, anche l'opera di NOF4, che viene considerata un'opera di Art Brut, è a rischio di distruzione Studio Azzurro su NOF4 fece un film documentario. A Volterra in questi giorni verrà inaugurata una mostra sul Nannetti e la sua opera.
Chiude il giro, la visita al piccolo museo dell'ospedale dove tra vecchi strumenti chirurgici, camici di inizio 900, fotografie di manifestazioni a favore della legge Basaglia ci sono quasi tutti i volontari dell'associazione Graffio e Parola disponibili a raccontarti ancora più cose.
Le foto (Olympus OM1, IlFord HP5 plus 400 ASA):
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