11.4.19

Australia/3

La prima settimana a Melbourne non fa questo gran caldo, mi tocca girare con la felpa, i pantaloni lunghi e le scarpe chiuse, una sera mi sono anche messa il pail quindi il mio progetto di fare un pezzo della Great Ocean Road in bicicletta perde interesse. Meglio andare al nord dove ci fa sempre caldo. E pure umido.
Quando esco dal piccolo aeroporto di Cairns che si trova quasi in cima alla punta nord della costa est dell'Australia e mi metto in attesa del primo di innumerevoli pulmini che mi scorrazzeranno per la città e dintorni, sono felice di sentire quel bel caldo appiccicoso che d'inverno ci manca tanto. Sono venuta qua, non tanto per la città che è parecchio insignificante, ma per andare sulla grande barriera corallina, quella australiana appunto, considerata una delle più belle o forse solo una delle più grandi e che da anni ormai ci dicono che sta morendo.
L'ostello prenotato, Traveller's Oasis, è molto carino e le persone che lo gestiscono simpatiche e piene di informazioni. Avevo prenotato per solo una notte ma poi decido di rimanere lì. Perché rischiare un ostello dove magari non mi trovo bene. Tra i gestori dell'ostello, sono pochi, principalmente due, con cui ho maggiormente a che fare è un irlandese che mi racconta di essere venuto lì in vacanza e poi di esserci restato. Una mattina mentre aspetto che mi vengano a prendere prima delle sette per la gita nella foresta pluviale a caccia di coccodrilli e cassowarys lo vedo arrivare e commento che certo lavora tante ore, visto che la sera prima l'avevo visto socializzare con gli ospiti fino alle 9 di sera. Lui mi risponde che sì è vero ma che però lavora solo quattro giorni alla settimana, che la vita è una sola e che anche se guadagna un po' meno oltre al lavoro c'è altro. Per me non fa una piega.
La prima sera giro tutto il centro di Cairns in infradito - siamo in Australia, la patria degli infradito, per di più in una zona di mare tutto l'anno, non vuoi girare in infradito - per vedere com'è, insignificante, e per trovare un posto dove mi inspiri cenare. Mi rovino un piede, dopo quasi un mese ho ancora la piaghetta. Cairns, nonostante sia bassa stagione, è super turistica, i locali sul lungo mare, dove hanno fatto un'enorme piscina di acqua salata perché nel mare c'è la medusa assassina, la cubozoa o cubomedusa, e non è sicuro andare, sono affollattissimi di gente e in nessuno mi viene voglia di entrare. Seguo un'indicazione di una birreria artigianale segnalata dalla Lonely Planet, ma non esiste più. Cercandola però passo accanto a un ristorante poco affollato, ma solo perché siamo già due o tre strade lontano dal lungomare e la folla come in tutti i paesi del mondo sta tutta nello stesso posto, c'è una bella terrazza da cui osservare la gente che passa e la birra del posto. Poi già zoppicando me ne torno all'ostello che la mattina dopo il pulmino che mi porterà verso la barriera corallina passa a prendermi alle 7 del mattino.
Una cosa degna di nota di Cairns è che ci sono gli aborigeni. A Melbourne non ne ho mai visti, magari vivono in certi quartieri in particolare dove non sono stata. Qui li vedi purtroppo per la strada, non messi molto bene. Sapevo che andando a nord si cominciano a vedere e come per la maggior parte (direi tutte) delle popolazioni indigene conquistate dall'uomo bianco, non se la passano per niente bene.

La mattina dopo con un po' di ritardo il pulmino del diving mi passa a prendere guidato da una tizia direi giapponese che chiede a tutti di allacciare le cinture perché lei stessa non si fida troppo della sua guida. Lei sarà la prima di innumerevoli giovani di tutte le nazionalità che lavorano o fanno volontariato per il diving che avevo prenotato per la due giorni di immersioni sulla barriera corallina. Dal pulmino si viene scaricati al diving dove ci controllano molto accuratamente i nostri brevetti di immersione (che io non ho, ho solo un foglio scritto in italiano che riscuote molte perplessità ma che alla fine super questo primo esame). Si viene caricati su un secondo pulmino e poi su una nave. Lì mi controllano di nuovo il mio foglio scritto in ialiano, che poi non è neaqnche un foglio, è un pdf sul mio cellulare. Di nuovo molte perplessità, ma la tizia orientale ma non giapponese che me lo controlla a un certo punto ha un lampo di genio e va a cercare un collega italiano che le dice va benissimo, sono mega super advanced, rispetto alla media dei subacquei di solo acque calde. Appena la nave parte veniamo informati sui dispositivi di sicurezza e sul programma, c'è anche un video con una canzoncina rap (aiuto) e alla fine siamo divisi in gruppi: snorkler, non subacquei che si vogliono immergere, subacquei. Briefing. Per due giorni sarà un briefing dietro l'altro. Noi già subacquei poi veniamo suddivisi in chi vuole la guida e paga extra, chi è principiante e chi è advanced e non vuole la guida. Nell'ultima divisione ti assegnano il buddy, a me tocca un argentino che non parla una parola di inglese, ma tra spagnolo e italiano ce la intendiamo. E poi via ad assegnarti pinne, maschera, jacket e muta intera di nylon, perché va bene che sulla barriera la cubomedusa è rara, ma non si sa mai. Così per essere chiari, la cubomedusa se ti becca con molta probabilità muori.

E via la prima immersione con l'argentino che mi dice guida tu. Io seguo un po' la barriera ma non è che è proprio diritta, e sottacqua hai voglia di fare i briefing, sottacqua sembra sempre tutto diverso. Io però a un certo punto adocchio un gruppo con guida e li seguo a distanza. Non ho una grande impressione della barriera corallina. Quella vista nei Caraibi e nel Mar Rosso me la ricordo più ricca e più piene di pesci. Comunque l'argentino appena scesi mi fa vedere due pesci nemo. Nella seconda immersione col pranzo sullo stomaco, l'argentino sono dovuta andarlo a chiamare perché era ancora a tavola con la famiglia, vediamo una bellissima tartaruga intenta a ingozzarsi di corallo. Alla fine di ogni immersione, ti aspettano sulle scale da cui si risale in barca un paio di ragazzi del diving che ti chiedono il tuo numero (a tutti viene assegnato un numero che poi è il numero della tua bombola), quanta aria hai consumato e la profondità e ti fanno firmare un foglio. Veniamo anche contati tutti in continuazione e c'è sempre qualcuno in vedetta sul ponte più alto della nava. Un'organizzazione quasi militare, ma immagino necessaria per tutta questa gente, siamo una settantina tra subacquei e snorklers e familiari ci dicono durante il primo briefing, pochi, è bassa stagione.

Alla fine della seconda immersione, briefing naturalmente per spiegare come una parte di noi sarebbe stata trasbordata sulla nave più grande dove avremmo passato la notte e avremmo fatte altre immersioni. Trasbordo efficientissimo, tutti i ragazzi del diving si passano i nostri bagagli e in due ci aiutano a lasciare la nave piccola mentre altri due ci aiutano a salire sulla nave grande. Questo nuovo gruppo di subacquei che pernotterà in mezzo all'Oceano viene chiuso nella sala ristorante nell'attesa di un... briefing. Terza immersione preceduta da briefing e dato che l'argentino l'ho lasciato sulla nave più piccola vengo riaccoppiata con una giovane americana poco esperta che mi dice guida tu. Cena. Forse il peggior pasto della mia vita. Notturna che decido di fare guidata. La notturna è bella, piena di squaletti che danzano intorno alle torce, nella speranza che gli illuminiamo qualche pescetto da mangiare. Rientro sulla nave e bar aperto fino alle 22.00. Prendo una birrina e faccio amicizia con una coppia americana simpatica, uno svedese e un colombiano che stanno prendendo il brevetto. Ah, ho anche una compagna di stanza, brasiliana che a malapena mi saluta, più che altro intenta a fare comunella con due altri brasiliani uno dei quali discretoccio. Non socializzerà con nessun altro, intenta forse a socializzare solo col discretoccio. Il colombiano, giovane, sui 25 forse, è alla fine della sua vacanza in Australia ma a breve ne farà una in Europa, mi elenca le città che visiterà e sono davvero molte. Io e lo svedese ci guardiamo perplessi, ma il colombiano è un entusiasta. Lo svedese, Tobias, invece è anche lui in visita alla sorella e dopo la barriera andrà a Melbourne per la formula 1 a Philip Island. Entro le 22.00 tutti nelle cabine perché alle 5.45 c'è il briefing per la prima immersione, che a me toccherà saltare perché la mia buddy Brianna, non riesce a compensare. Farò snorkling all'alba in mezzo all'oceano che non è male. Colazione. Seconda immersione per la quale chiediamo qualche assicurazione perché se Brianna di nuovo non compensa (non le era mai successo prima dice) io non vorrei perdermi un'altra immersione. Veniamo accompagnati dagli sguatteri di cucina, che da quel che capisco non vengono pagati ma fanno tutti i corsi per prendere i brevetti e ogni tanto si immergono. Brianna infatti non compensa neanche questa volta. Terza e ultima immersione della giornata, decido di farla guidata, visto che è l'ultima e in effetti la guida sa dove portati, cosa farti vedere, qualche squaletto e una bellissima e grossa seppia che nuota. Pranzo pessimo e briefing finale prima di essere trasbordati sulla nave più piccola che ci riporterà a Cairns.

Io e Tobias, entrambe con qualche difficoltà a socializzare e forse capendo la difficoltà dell'altro, diventiamo inseparabili per le ore che rimangono. Alla ricerca di un posto sulla nave che non sia direttamente sotto il bocchettone dell'aria condizionata a palla, dopo vari tentativi ci sediamo accanto a due anziane americane, una delle quali, del Montana, si dichiara socialista. Ci fanno un sacco di domande sulla Svezia e sull'Italia.

Fine. Arrivati a terra saluto Tobias (che i nordici si salutano abbraciandosi mentre noi italiani baciandoci, e mi era già successo in passato questo momento ambiguo dove l'altro ti abbraccia mentre te stai cercando di baciarlo a destra e sinistra) e un pulmino mi porterà prima al diving e poi esausta ma felice al mio ostello dove mi accoglie l'irlandese.

Accompagnata dal volo dei pipistrelli giganti, chiamati appunto megabats, che al tramonto si spostano a gruppi, mi incammino verso la zona centrale e turistica di Cairns, per andare a mangiare un gelato da Gelocchio, suggerimento della Sis.Gelateria italiana davvero buonissima. Provo ad attaccare bottone col gelataio, gli chiedo se è italiano nato in Australia e lui mi risponde con qualcosa del tipo diocenescampi, provo a fare qualche altra domanda ma non è cosa e mi gusto un megagelato di mango e qualcos'altro in solitaria. Torno all'ostello passando dal supermercato per comprarmi qualcosa per la colazione e per il pranzo del giorno dopo che la mattina alle 6.50 passa a prendermi un pulmino per la gita nella foresta pluviale più antica del mondo, la Daintree Forest.

L'ostello

In mezzo all'Oceano


Rientro a Cairns

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