3.2.20

Sorry we missed you di Ken Loach



Tra i buoni propositi per il nuovo anno ci sarebbe anche quello di scrivere sempre qualcosa dei film che vedo, per ricordarseli, per ragionarci ancora. Ho già visto 5 film, sono già indietro.

Come primo film dell'anno molto impegnativo. Ma si sapeva. Io non prendo mai l'iniziativa di andare a vedere un film di Ken Loach, ma se qualcuno me lo chiede, ubbidisco e vado. Un dovere morale. Alla fine del film (finale aperto, ci sarà forse un sequel? Battuta per alleggerire la botta allo stomaco, al cuore e alla testa) eravamo tutti ammutoliti.

Il film racconta la vita di una famigliola inglese - madre padre figlio adolescente figlia più piccola - di buoni sentimenti. Il padre è senza lavoro e decide di fare il corriere e per comprarsi il furgone vendono l'unica automobile che la moglie usa per andare dalla casa di un degente all'altro dove lei presta servizio come simil assistente sociale (caregiver si dice in inglese, una specie di badante ma specializzata). Usando i mezzi pubblici partirà da casa la mattina e ci tornerà a sera inoltrata. Ma il film si focalizza soprattutto sul lavoro impossibile del corriere, o meglio di quel tipo di corriere, perché voglio sperare che non tutte le ditte di corrieri lavorino così. Da quando ho visto il film, non che prima li trattassi male ma sono diventata più gentile e tollerante verso tutti i corrieri.

Non c'è che dire, Ken Loach alla veneranda età di 83 anni è sempre sulla notizia, sull'attualità, sul mondo di oggi, sulla politica e confeziona dei gran bei film. Nei titoli di coda ringrazia quei corrieri che gli hanno raccontato del loro lavoro ma che hanno preferito restare anonimi. I personaggi che compongono la famiglia sono tutti belli e credibili, e ciascuno poteva diventare il protagonista del film al posto del padre, soprattutto la madre che fa anche lei un lavoro atipico ma che a differenza del marito riesce a darsi dei limiti, a rispettare se stessa, restare umana.

Devastante, ma necessario.

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