1.8.17

Gilead



11.
di Marilynne Robinson

Mi rendo conto che questo blog ha sempre meno senso. Ogni tanto ho degli sprazzi di attività ma mi sembra che siano veramente poca cosa. Ogni tanto penso di smettere. Ma al blog ci sono affezionata. Forse non è più tempo di blog.

Comunque mi ero messa in testa di vedere quanti libri leggo in un anno, così per cuiosità, e questa cosa per ora tieni in vita A/R.

Gilead ne parla molto bene questa psicoterapeuta di cui seguo appunto il blog, lei lo aggiorna il suo, anzi scrive cose lunghissime che spesso non leggo. A un certo punto ha detto che ci sono degli scrittori, o scrittrici, che sono una specie di psicologi mancati. Marylinne Robinson è una. Mi incusiosisco e lo compro nonostante la trama non mi ispiri per niente.

Gilead è una specie di lunga lettera che un pastore della chiesa americana, forse chiesa battista, scrive al proprio figlio ancora piccolo avuto dalla moglie molto più giovane e quando l'uomo era già molto avanti con l'età. Mentre scrive l'uomo ha più di settanta anni. Gli scrive per raccontargli la sua vita, la storia della famiglia da cui discende, la vita nella piccola cittadina dove ha vissuto tutta la vita, le sue amicizie. Gli scrive perché sa che quando il figlio sarà abbastanza grande per potergli raccontare di sé lui non ci sarà più.

Poi leggo anche che Marilynne Robinson è una delle più grandi scrittrici americane, che ha scritto pochi libri ma tutti capolavori. Leggo soprattutto un articolo di un fan sfegatato di tutti i libri di Marilynne Robinson, anzi che li ha letti più volti. Lui è Nicola Lagioia, che ascolto sempre con piacere.

Insomma io ci provo ad apprezzare Gilead di Marilynne Robinson. Ma non mi riesce. La storia forse perché è troppo americana o forse perché è troppo religiosa non riesce ad appassionarmi, non mi dice niente. Arrivo fino in fondo, ma senza piacere.

Boh. Qualcuno l'ha letto? Sarei curiosa di sentire cosa ha da dire qualcun'altro che l'ha letto.

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