14.12.12

Perché la pellicola è meglio



Ormai molti mesi fa andai a fare una passeggiata con la Olympus. Volevo fotografare i differenti manti stradali pisani, i tombini, le erbacce che crescono tra una pietra e l'altra, i sanpietrini del ponte di mezzo, i marciapiedi tutti scrostati, e così via.

Insomma avevo in mente un bel progetto.

Era estate. Ancora non mi ero rotta il piatto tibiale. C'era una bella luce. Così mi sono fatta una bella passeggiata e ho scattato delle belle fotografie.

Almeno nel mio immaginario.

Ero molto soddisfatta. Già le vedevo, le mie foto, in una mostra personale al MOMA; anzi no, al Tate Modern, che qui siamo eurocentristi.

Poi è passato del tempo. Tanto tempo. Ho sviluppato quel rullino, di cui non ero neanche troppo sicura cosa ci fosse sopra. Poi mi sono rotta il piatto tibiale. E finalmente ho recuperato i negativi per vedere cosa era venuto fuori: di tutte le foto della famosa passeggiata di fotografie tanto soddisfacenti da Tate Modern, forse 2 erano appena sufficienti.

Ma che importa. Per mesi le mie foto, sempre nella mia immaginazione, erano state al Tate Modern. Poi c'era stata la sorpresa di vedere foto che mi ero dimenticata. Insomma, la famosa delusione non c'è stata.

Qualche sera fa ho sviluppato tre rullini. Uno non è venuto. Ci deve essere entrata la luce in qualche momento, perché dopo 1 minuto di lavaggio, 12 minuti di sviluppo, 1 minuto di acqua e aceto, 7 minuti di fissaggio, 10 minuti di lavaggio finale, il rullino era tutto tutto nero.

Sopra c'erano le foto di Roma.

Ho fatto degli scatti bellissimi, lo so, soprattutto quelli fatti al Maxxi e al Parco della Musica. Bellissimo nel mio immaginario, dove rimarranno, per sempre.

(Uno degli altri 2 rullini sviluppati bene contiene foto di Londra. Non ricordo scatti memorabili. Ma se anche quello non si fosse sviluppato, lo so, ci sarei rimasta malissimo, pentendomi di non aver usato di più la digitale.)

1 comment:

cbp said...

la digitale non va portata, non va usata, ma non per presa posizione, solo perché non serve.
non serve poter inquadrare sempre, scattare sempre, portare a casa sempre, moltiplicare all'infinito, riquadrare registrare rivedere, all'infinito, senza sosta, senza più conoscerlo il valore dell'immagine ritratta.
perché va bene anche di lasciarle lì le fotografie, serbarle dentro, sentendone il vento e il puzzo la luce e in buio, così che ci si possa tornare a cercarlo, con la memoria o con il corpo intero compresi gli occhi, proprio quello squarci, così bene inquadrato anche se non catturato.
e poi vuoi mettere.. avere negli occhi immagini perfette.. solo tue solo per te.
altro che Tate.. museo eccelso.. per una sola persona.
ah, e grazie per questa fotografie. Ah bene!