26.10.11

The tracker


The Tracker è un film del 2002 che era tra le novità del videonoleggio automatico della mia videoteca di fiducia. Fino a 5 minuti fa pensavo che il film fosse appena uscito, invece è di dieci anni fa. L'Australia si sa, è lontana.
The Tracker infatti è un film Australiano.
Il regista si chiama Ralf de Heer ed è olandese, ma si è trasferito dall'altra parte del globo quando aveva otto anni.

La storia è questa: inizio 900, tre poliziotti a cavallo guidati da un aborigeno a piedi sono sulle tracce di un altro aborigeno accusato di aver ucciso una donna bianca. Insomma una situazione vista e rivista no? I bianchi cattivi, ma non proprio tutti, gli indigeni buoni, i cattivi saranno puniti e i buoni andranno in paradiso. Un western, sembra, di quelli che gli americani ne hanno fatti duemila e continuano a farne.

E quindi alla fine del film ti chiedi, oh come mai mi è piaciuto tanto?

Sarà che la questione degli aborigeni australiani è meno nota per esempio degli indiani d'america.
Sarà che la questione degli aborigeni australiani non è neanche troppo risolta.
Sarà che nonostante il racconto sia ambientato negli ampissimi spazi dell'outback australiano e abbia una durata di vari giorni, The tracker si comporta come una pièce teatrale.
Sarà che i personaggi sono pochi, come a teatro.
Sarà che i personaggi non hanno un nome ma un ruolo: il fanatico, il veterano, il segugio, la guida, il fuggitivo, e vengono prensentati all'inizio, come nel testo di una piéce teatrale.
Sarà che i personaggi non hanno un nome e quindi non rappresentano delle vere persone, non c'è nessun tentativo di mostrare la realtà - quindi non mi si venga a dire che i personaggi non sono credibili.
Sarà che la guida, aborigena, sembra il fool delle opere shakespeariane (teatro teatro sempre più teatro).
Sarà che c'è una colonna sonora fatta di ballate che raccontano i personaggi e la storia (ci sono i sottotitoli in italiano perché le parole sono importanti). All men choose the path they walk, dice. Le ballate sono un po' in stile country e la voce è una bella voce. Insomma un cantastorie, insomma teatro.
Sarà che quando ci sono le scene violente, e ci sono e ci rimani male, la cinepresa ti mostra un dipinto in stile naive, colori ocra della scena. Che non diminuisce la violenza, la rappresenta solo in altro modo e forse ti impressiona anche di più.
Sarà che è un film on-the-road e i film on-the-road hanno sempre il loro fascino.
Sarà che nel film dicono sic transit gloria mundi e qualcun'altro lo aveva detto proprio quel giorno lì.
Sarà che l'outback australiano è bello e The tracker andrebbe visto su un grosso schermo.
Sarà che vinse Un certain regard di Cannes; oltre ad altri premi.
Sarà che l'ho noleggiato per caso, senza mai averne sentito parlare e la sopresa è stata piacevole.

1 comment:

Anonymous said...

Sarà che in fondo levando l'accento.