20.4.11

Crescere con Gus

Si racconta che quando abitavamo a Semproniano, una sera mi lasciarono da sola in casa. C’era una festa di paese e quelle due persone che dicevano di essere i miei genitori non volevano perdersela.
Poi tanto la bambina-io dormiva.
Mentre mano nella mano i romanticoni rientravano verso casa però si sentirono chiamare e guardando verso l’alto videro la loro bambina-io sporgersi pericolosamente da una finestra. La bambina-io nel frattempo infatti si era svegliata e dopo aver fatto due chiacchiere col fedele orso Giorgi (lui sì rimasto in casa con lei) aveva cominciato a cercare quelle due persone che dicevano di essere il suo babbo e la sua mamma. Non trovandole in casa aveva deciso di cercarle fuori, del resto da fuori arrivavano un sacco di rumori interessanti. Così si sporse dalla finestra.
Che qualcuno evidentemente aveva lasciata aperta.
Avevo circa tre anni.
L’apprensione non era un sentimento tipico dei miei genitori. Neanche il timore che la propria figlia crescesse con turbe di abbandono. E neanche avevano paura che facessi incubi la notte. Mio padre lasciava a portata di bambina-io i tre volumi della Divina Commedia di Dante; quella con i disegni di Gustave Doré a pagina intera. Ovviamente i disegni dell’inferno mi piacevano molto di più di quelli del purgatorio e del paradiso. Credo di aver rischiato di diventare Asia Argento.




Questa è una delle immagini del XIII canto, che ho appena finito. Spaventosa, come lo è anche il canto, con gli uomini trasformati in alberi che soffrono e sanguinano ogni volta che viene spezzato un ramo o tutte le volte che le Arpie mangiano qualche foglia.
E se Pier della Vigna mi spiega un po' meglio il finale mi fa un favore. Non ho capito bene chi sono i due soggetti che arrivano alla fine: scialacquatori o suicidi?

Ora tocca al XXVI, poi si passa nel purgatorio.

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