23.9.10

L'arte della narrazione

 


Alla fine non importa neanche l'argomento.

Quello che conta sono le pause.
Quello che conta è guardare sempre l'interlocutore e ogni tanto fargli una domanda. Ogni tanto sbagliare il nome di una città o di un fisico, solo per vedere se è ancora attento.
Quello che conta è coinvolgerlo, uno ad uno, perché è a lui, al pubblico, che stai raccontando. Trascina qualcuno sul palco. I timidi sappiano che non devono mai, mai, mai, sedersi nelle prime file.
Meglio ancora se il palco non ce l'hai e cammini tra il pubblico. I timidi sappiano che oltre evitare le prime file è bene anche non sedersi nelle poltrone vicine ai corridoi.
Quello che conta è che dopo aver letto un passaggio incomprensibile di Stephen Hawking, lo traduci per il pubblico in dialetto veneziano stretto.
E il pubblico capisce.
Ogni tanto serve anche dire qualcosa che non c'entra niente, tipo William Shakespeare.
E Marco Paolini ci sa proprio fare.
Ieri sera per raccontarci di Galileo è proprio con una pausa che ha cominciato, una pausa di un minuto.

Dal sito di Paolini un articolo su un argomento a me caro, anzi due: rotonde e biciclette.

2 comments:

bart said...

in pratica a te è piaciuto e a michele no

sburk said...

In realtà sono d'accordo anche con Michele, sul discorso di questa moda ultimamente di fare gli studi, cioè spettacoli non finiti, e portarli a giro facendoti pagare.
Però nonostante questo, e gli errori, quello che più mi ha colpita dello spettacolo l'altra sera è l'incredibile bravura di Paolini a raccontarti una storia, qualsiasi