15.2.08

Oggi su La Stampa

GABRIELE FERRARIS
Difendiamoci dai suv
Non odio i Suv, né chi li guida. Contrariamente alla quasi totalità di coloro che non posseggono Suv – e non aspirano a possederli – non ambisco di vedere i conducenti di Suv esposti al pubblico ludibrio, e i loro carrozzoni trasformati in lattine di birra nell’ambito di virtuose politiche di riciclaggio.

Non li odio. Però non capisco. Non capisco, perché, se domattina mi vestissi come un assaltatore del San Marco, con mimetica, anfibi e casco in kevlar, e me ne andassi a spasso così conciato in via Roma, mi ritroverei in un nanosecondo rinchiuso nel repartino della neurodeliri; e se mi aggirassi per le vie dello shopping brandeggiando un fucile d’assalto con puntatore agli infrarossi, verrei avvicinato da numerosi gendarmi bramosi di farmi conoscere i comfort del nostro sistema penitenziario; mentre nessuno trova non dico illecito – non è illecito – ma stravagante che un pacifico professionista panciuto, o una fintabionda sull’orlo del disarmo, solchino le vie delle nostre comunque quiete città, le nostre strade comunque passabilmente asfaltate, a bordo di mezzi concepiti per affrontare mulattiere, deserti, giungle, o i peggiori vicoli di Baghdad.

I guidatori di Suv, per spiegare la loro scelta, in genere adducono motivazioni bizzarre quanto il loro veicolo: gli serve «per andare in montagna» (ma dove vanno, in montagna? Sull’Himalaya?), o per caricarci «tanta roba» (e chi sono, Gondrand?), o «per portarci il cane» (ma che cane hanno? Il mastino dei Baskerville?). Ma soprattutto, spiegano, il bestione «gli dà sicurezza». E ti credo. Se per quello, un carrarmato Tigre gliene darebbe ancora di più, con un consumo di carburante più o meno uguale. Il problema è che la loro sicurezza è inversamente proporzionale a quella degli altri.

E qui sta il nocciolo della questione. I Suv sono come le pistole; e i guidatori di Suv sono come i possessori di pistole. Di per sé, le pistole non sono né buone né cattive: sono pezzi di ferro, che in determinate occasioni, maneggiate da personale esperto, possono rivelarsi utilissimi per preservare beni e persone. E chi possiede una pistola non è, per questo solo motivo, Dillinger. Ma quando hai una pistola in tasca, e hai qualche problema di tuo, ti scatta uno strano meccanismo. Ti senti, giustappunto, «sicuro». Nessuno può farti male. Al limite, sei tu che puoi far male agli altri. E ti trastulli con quell’idea.
Finché ti senti invincibile, pronto a sparare a tutti i cattivi del West, o al tipo che t’ha tagliato la strada. Tanto, a te chi t’ammazza? Ci hai la pistola.
Oppure ti senti invulnerabile, pronto a tagliare la strada tu a chiunque, compreso un autobus. Tanto, a te chi t’ammazza? Ci hai il Suv.
Quasi tutte le società civili convengono sull’utilità di dissuadere i cittadini dal portare armi senza validi motivi. Forse è il caso di cominciare a fare un pensierino anche sui Suv.

Sburk: caro Ferraris, io invece i suv li odio. E anche le armi.



MASSIMO GRAMELLINI
Le rose e le spine
Ore 16. La spazzatura a Napoli, la Santanchè candidato premier, Giuliano Ferrara ostetrica. Basta, voglio emigrare in una nazione civile del Nord Europa, tipo Svezia.
Ore 16,10. (Ansa-Reuters) STOCCOLMA. «Un liceo svedese ha vietato la vendita di rose nell’edificio il giorno di San Valentino per non rattristare gli studenti single».
Ore 16,11. Volevo emigrare in una nazione civile del Nord Europa, tipo Svezia. Mi sa che ho cambiato idea. Non urtare la suscettibilità degli altri è un principio sacrosanto, come cerco di ricordare ogni giorno all’automobilista che mi si piazza davanti al semaforo e, quando arriva la freccia verde per girare a destra, rimane immobile: tanto lui deve andare diritto, che gli importa di chi sta dietro. Però non accetto che la reazione ai problemi consista sempre in un divieto e mai in un aumento delle possibilità. La ragazza solitaria potrebbe riportare traumi gravissimi nel vedere la sua vicina di banco annusare la rosa del fidanzato? E allora la scuola faccia un accordo col fioraio dell’angolo e regali una rosa alla singolina, invece di proibirla all’innamorata.
Ore 16,40. Ho visto la faccia di Cesa in tv e sto cominciando a ripensarci. In fondo la Svezia è un grande Paese, quel liceo di strambi sarà sicuramente un’eccezione.
Ore 16,46. (Ansa-Reuters) STOCCOLMA. «Un asilo svedese ha vietato ai suoi dipendenti e agli alunni di indossare vestiti a righe o a pois perché provocherebbero emicranie ad alcuni membri del personale». Ore 16,47. Va bene, resto qua. Mi tengo la faccia di Cesa. E pure l’ostetrica.

Sburk: caro Gramellini, non c'è mica solo la Svezia, in Europa. E poi c'è anche tutto il resto del mondo.

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