Io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare. La gran cosa è muoversi, sentire più acutamente il prurito della nostra vita, scendere da questo letto di piume della civiltà e sentirsi sotto i piedi il granito del globo appuntito di selci taglienti. (Robert Louis Stevenson)
8.1.09
L'ospite inatteso
The visitor, in inglese.
Tom McCarthy, il regista, ha tutta la mia stima. Nei due film che ha diretto, questo e The station agent (del 2003 e di cui si parla proprio un gran bene), c'è almeno un attore dell'amata serie Six Feet Under. Nel primo c'è Patricia Clarkson, che in 6FU faceva la sorella hippy di Ruth Fisher, madre della famiglia dei famosi becchini. In L'ospite inatteso, c'è Richard Jenkins, il padre Fisher morto nella prima puntata.
Richard Jenkins, anzi, è il protagonista. Ed è formidabile, secondo me. In 6FU, in cui, sottolineo, faceva il morto, era allegro, scansonato, burlone, rumoroso. Qui, in cui fa un professore universitario di economia, è monotono, depresso, antipatico, immobile.
E quelli intorno a lui, invece, sono bellissimi: prima la giovane coppia, lui siriano e lei senegalese, e poi la madre del siriano.
Il film si svolge per lo più a New York, e contiene tutti quegli elementi che lo renderebbero più che prevedibile: la grande metropoli dove tutto può accadere, la musica che unisce, la diversità che è ricchezza, il terzo mondo che ha più anima, le conseguenze dell'11 settembre. E infatti prevedibile è. Però, come ho letto in una recensione, riesce comunque a sorprenderti.
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