10.9.11

L'ultimo terrestre



A me Gipi non mi chiamerà mai a fare un film.
Non ho il naso giusto.
Non ho un naso importante, un naso che da solo dice già tante cose in mezzo a una faccia. Sì, gli occhi sono lo specchio dell'anima, ma il naso è carattere. Se nasci col naso giusto il carattere è già fatto, non te lo devi andare a fare con le esperienze.
Farsi dare un cazzotto sul naso per girare un film con Gipi vale? Non lo so, ma farebbe troppo male.
Nel film di Gipi tutti hanno il naso col carattere. Gipi compreso, anche se non appare nel film, o almeno io non l'ho visto.
L'unico con un naso normale, un naso che passa inosservato è Paolo Mazzarelli il cui personaggio infatti è forse il peggiore di tutti e quello che interessa meno.

L'ultimo terrestre si vede che è diretto da uno che disegna fumetti. Signori fumetti.
L'ultimo terrestre è pieno di linee, orizzontali, verticali e diagonali, dei paesaggi, delle strade nella notte, delle villette a schiera, delle piscine vuote e soprattutto del mobilificio. Le inquadrature sono i riquadri in cui viene suddivisa la pagina del fumetto. Però Gipi spesso e volentieri usciva da quel piccolo riquadro e si prendeva tutta la pagina o anche due, tre, quattro. Succede anche in L'ultimo terrestre che è fatto soprattutto di scene brevi, veloci, che cambiano all'improvviso ma anche da scene più lunghe e lente come quando Roberto Herlitzka (ma avete visto che naso!) fucile alla mano cerca l'intruso nel suo casale. Come nei suoi fumetti, ci sono molti primi piani, molti primi nasi; e parole poche, lo stretto necessario.
E da tutte queste linee, riquadri, scene veloci ed altre più lunghe, da tutte le poche parole e i primi piani non viene fuori proprio una storia, viene fuori, come succedeva nei suoi fumetti, una bella poesia (ecco l'ho detto), e poi ognuno ci si faccia la propria storia. (L'analogia con gli immigrati che ho letto da qualche parte io non ce la vedo ma proprio per niente per niente per niente.)
Forse i fumetti di Gipi erano un esercizio per arrivare al film - anche se spero che ne pubblicherà altri.

L'ultimo terrestre mi è piaciuto molto.
Ma sono di parte.
Penso che sia un film diverso dai film italiani in generale. Ho pensato che fosse un po' spagnolo, ma forse per via dei nasi. E ho anche pensato che mi ricordava qualcosa di Sorrentino delle Conseguenze dell'amore, probabilmente per la cura della fotografia, dell'inquadratura, la luce abbagliante (ma se ha sempre piovuto l'inverno scorso come ha fatto?), le poche parole.
Poi sono stata tutto il tempo lì a chiedermi se Gabriele era davvero bravo, e nell'ultima scena non avevo più dubbi: sì.

Sono arrivata al cinema mezzora prima pensando ci sarebbe stata coda, invece non c'era nessuno. Avrei pensato che nella città del regista e dell'attore protagonista di un film in concorso a Venezia la scena sarebbe stata un'altra.

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