7.11.10

Departures


E' un bel film.
Ecco l'ho detto, o meglio, l'ho scritto.
Perché non è un film semplice, almeno per me, per vari motivi.
Intanto perché è giapponese. E il Giappone è misterioso e strano e lontano per definizione. Poi ci sono persone che ci si appassionano al Giappone, leggono i libri di scrittori giapponesi, fanno aikido, disegnano manga e progettano un viaggio verso il lontano oriente. E anche per loro, il Giappone rimane un mistero. Io, qualche Kurosawa e Kitano e Miyazaki ogni tanto; certe volte Hokusai e anche questa volta sono andata a cercarmi il nome; libri solo Quel che resta del giorno di Ishiguro ma che di giapponese ha molto poco, si è fatto naturalizzare inglese. Ah, il sushi! Insomma il Giappone non mi è facile, non mi è immediato.
Poi c'è la musica. Ci sono Bach e Beethoven, tra quelli che io sono stata in grado di riconoscere, perché il protagonista è un violoncellista, costretto però a cambiare mestiere quando l'orchestra per cui suona viene chiusa per mancanza di soldi. E la colonna sonora qui si fa sentire anche quando Daigo, è il nome del protagonista, torna a stare nel suo paesello natale.
C'è il paesaggio giapponese. La neve e il silenzio. L'acqua calda dei bagni pubblici e quella fredda dei ruscelli con i sassi che sotto le scarpe fanno rumore. Ci sono i ciliegi in fiore e i petali che volano nel vento.
E c'è la morte. Le morti, tante, tutte diverse e tutte uguali. E non è Six Feet Under, il mio serial televisivo americano preferito di cui mi sono vista ogni singola puntata - per chi non lo conoscesse, racconta la storia di una famiglia che ha una funeral house (pompe funebri) e ogni puntata si apriva con la morte di una persona. Perché Departures intanto è un film, fatto a film, che se lo vai a vedere al cinema è meglio; e poi è giapponese, e quindi non si sfugge dal rito che qui però non ha niente a che fare con la religione. E il rito aiuta ad avvicinarti a certe cose dolorose, e misteriose, come ad esempio alla morte. Allora non sfuggi, forse il rito serve anche a questo, alla commozione, alla lacrima, e al cinema era un tirar su col naso.
Ma si ride anche, come capita spesso nelle situazione più rituali.
Il film nel 2009 vinse l'Oscar come miglior film straniero, facendo scalpore (scalpore!! aha aha aha) perché batté il favorito Walzer con Bashir.

Rox: Cosa vai a vedere?
Sburk: Departures.
Rox: Ho sentito dire che è un po' noioso.
Sburk: Allora è il film per me.

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