15.1.09

Sotto le bombe, Il giardino dei limoni


Qui a Pisa c'è l'Arsenale.
Evviva l'Arsenale.
E' un cineclub, piccolino, in centro, a Pisa.
Quando andavo a scuola ci passavo le giornate, quattro film di fila non credo di averli mai visti, ma forse tre, sì. A quel tempo, in cima al vicolo c'era anche un negozio che vendeva caramelle e dolciumi vari, da grossi barattoloni di vetro. Preistoria. E noi facevamo una corsa tra un film e l'altro. Ora c'è un'agenzia immobiliare al posto di quel negozio.
Ma l'Arsenale, in questi tempi difficili, resiste. Anzi, prende anche un'altro cinema, più grande, dove fa solo prime visioni, il Lumiére.
Evviva il Lumière.
Il programma dell'Arsenale per questo inizio 2009 comprende alcuni film che raccontano la questione mediorientale, la rassegna si chiama Per la pace in medioriente, ed io come inviata di A/R farò i salti mortali per vederli tutti.
Ed ecco i primi due:
Sotto le bombe, di Philippe Aractingi. Bello. Pesante. Girato praticamente subito dopo la guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah in Libano. Soprattutto film ma anche un po' documentario. Gli attori fanno davvero gli attori, però questi due personaggi, una madre che cerca il figlio piccolo e il tassista che l'accompagna tra le macerie dei villaggi del sud del Libano, nelle scuole, negli ospedali, ai funerali delle vittime, in fondo alle strade interrotte dai crateri delle bombe, parlano, abbracciano, piangono insieme persone vere. Anche le bombe sono vere, fanno un rumore assordante. Anche il paesaggio è vero, bello perché il Libano è bello, tremendo perché c'è stata fino a due giorni prima una guerra, tremenda. E questo miscuglio di finzione e verità non ti lascia per niente indefferente, stai lì dentro il film, stai male. Stai male, perché vedi chiaramente gli effetti della guerra, capisci che sono veri, che quelle persone lì sono vere come anche quelle nelle casse da morto. Lo capisci molto di più che guardando le notizie e le immagini al telegiornale. Perché? Perché a quelle ormai siamo troppo abituati? Pare che il regista non abbia inventato niente di nuovo, è stato infatti chiamato in causa il neorealismo italiano. Il film non difende nessuno, non chiama in causa i protagonisti di quella guerra, gli israeliani e gli hezbollah, non prende posizione lì; ma sicuramente prende posizione sugli effetti di una guerra.
Il giardino dei limoni, di Eran Riklis. Ancora all'Arsenale non c'è stato, ma per avvantaggiarmi sui tempi sono andata a vederlo in un cinema normale. Cosa non si fa per A/R. Molto diverso da Sotto le bombe. Molto più film. Si svloge questa volta in Israele, al confine tra Cisgiordania e Israele, ed i protagonisti sono da una parte i nuovi inquilini di una villa in terra israeliana, lui ministro della difesa, e la da sempre inquilina di una casa e campo di limoni in terra palestinese. Inutile che vi dica che i vicini avranno delle incomprensioni. Probilmente, causa la non-ho-parole situazione a Gaza dall'inizio dell'anno sono uscita dal film arrabbiata. Forse perché la storiella semplice semplice che racconta è metafora del conflitto israelo-palestinese senza speranza di soluzione. Forse perché questa storiella semplice semplice però non basta a rappresentarla la situazione israelo-palestinese, che è complicatissima e sanguinosa. Non so, sono ancora qui che ci penso, magari poi mi commento. Interessanti sono le figure femminili: sia da una parte che dall'altra sempre agli ordini degli uomini. L'attrice protagonista è la stessa del film L'ospite inatteso, si chiama Hiam Abbas, ed è bravissima e bellissima. Il film è prodotto anche dal ministero della cultura israeliano o qualcosa del genere, ed ha vinto vari premi israeliani.

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