Io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare. La gran cosa è muoversi, sentire più acutamente il prurito della nostra vita, scendere da questo letto di piume della civiltà e sentirsi sotto i piedi il granito del globo appuntito di selci taglienti. (Robert Louis Stevenson)
16.9.06
Very Danish
Forse non tutti i lettori di A/R sanno che io (sburk) sono a Copenhagen. Da martedì. Oggi è sabato e di Copenhagen ho visto soprattutto la strada che va dal mio albergo, un pochino fuori la città, al Bella Center, il palazzo dei congressi, molto fuori la città: belle strade, molto verde, semafori, acqua, e tutti i danesi in bicicletta lungo le loro piste ciclabili. Poi ho visto il palazzo dei congressi. Enorme, ma non ti ci perdi. Tutto di vetro, con alberi e vasche d'acqua e con queste belle giornate è veramente un bel posto. Peccato che io sono in un ufficio, grande, carino, ma senza finestre. Dove sto dalle 8 alle 19. Ho conosciuto però un po' di fauna locale: i tassisti (un curdo, un etiope, un indiano, un greco, un pachistano, qualche danese, forse) e il personale del palazzo dei congressi (una spagnola, una brasiliana, una messicana, qualche danese, forse).
Ieri sera c'è stata la serata più importante del congresso dal punto di vista sociale, la cena del presidente, per pochi invitati scelti (200) tutti in abito da sera. La cena per tradizione è pianificata dal comitato organizzativo locale, quest'anno siamo a Copenhagen quindi è stata organizzata dai danesi. In anticipo so che la cena comincia alle 8 e finisce alle 11 (tre ore, ce la posso fare) e che ci saranno dei pulman che ci porteranno al luogo della cena, un museo (magari me lo fanno visitare?). Scopo nostro, lo staff dell'EASD che ogni anno organizza questi congressi, è socializzare.
Ed è risaputo, io adoro socializzare!
Quindi mi metto in ghingheri (mi hanno fotografato, ero in ghingheri) e vado al bellissimo albergo nel centro di Copenhagen dove sono tutti gli altri tranne me, da dove parte il pulman. La cosa non funziona molto bene, e un gruppetto di noi dell'EASD rimane ad aspettare aspettare aspettare il pulman che non arriva. Quindi aspettiamo aspettiamo aspettiamo i taxi che di venerdì sera sono pieni di chiamate, e alla fine arriviamo al museo con una quarantina di minuti di ritardo.
Che peccato! Mi sono persa la parte iniziale in cui giri tra gli ospiti, la maggior parte che non conosco, e socializzi.
Arriviamo e sono già quasi tutti seduti a tavola. Io so che ci sono 4 tavoli da 10 con i posti assegnati e tutti gli altri sono liberi, ti devi scegliere i compagnucci per la serata e andare al tavolo. Arrivo, mi guardo un po' attorno facendo finta di essere parecchio rilassata, quando vengo acchiappata da uno dei responsabili dei quattro tavoli. Ogni tavolo ha un responsabile (i capi dell'EASD) che deve accalappiare altri pezzi grossi (scelti precedentemente, non li rincorrono su e giù per il museo) e riempire il suo tavolo. Al tavolo dell'executive director c'è una sedia vuota, non sarebbe stato carino, vengo invitata a sedermi. Un problema risolto. Non devo accalappiare nessuno, ho un tavolo.
I miei compagnucci sono: il già citato executive director e sua moglie, un'altro tipo alto due metri e sua moglie (credo, erano lontani da me, ci siamo solo sorrisi), alla mia sinistra un vecchio medico persiano e sua moglie da trent'anni in California. Mi presento. Lui si presenta e mi sciorina una lista di titoli, premi e università dove ha lavorato. Ha balzicato il mio ufficio al congresso, e so che è stato nominato varie volte per il nobel perchè ha scoperto non ho capito bene cosa, e pensa che dovrebbe vincerlo. Chi non vorrebbe vincerlo, si beccano una quantità di soldi impressionanti. Ho anche scoperto che il signor Nobel è quello che ha inventato l'esplosivo e che è diventato ricchissimo vendendolo solo ai prussiani, che così vincevano sempre loro, e in vecchiaia sentendosi un po' in colpa, ha istituito questo premio (questo non me l'ha raccontato il persiano ma l'executive director durante un'altra cena). Gli chiedo se sia mai ritornato in Persia, ma lui mi dice che rischierebbe la vita, è accusato di tradimento, di essere una spia degli americani, non è un gran chicchierone come spero, gli racconto che ho vissuto in Libano sperando così di agganciarlo, ma non ha molto da dirmi. Per fortuna alla mia destra c'è Regina, una dello staff dell'EASD che conosco, poco, ma chicchieriamo piacevolmente mentre ci servono la cena presidenziale.
Che in Danimarca consiste in antipasto, salmone, molto buono ma mi sta uscendo da tutti i pori, e una portata principale, del vitello, pare molto buono, con contorno di verdurine lesse e puré di patate. A me hanno portato un piatto di puré di patate.
Fine.
Della cena presidenziale.
Ora tutti in piedi, col bicchiere di vino, per andare ad ascoltare il concerto. Un violoncello, un oboe e un'arpa. Primo pezzo: un compositore danese, ci spiega l'oboista, che purtroppo è morto l'anno scorso, e sono molto tristi perché suonava con loro, ma purtroppo è morto, e allora hanno voluto suonare questo pezzo del loro amico morto, che si intitola qualcosa come “Per tutte le persone che abbiamo conosciuto e che non vediamo più”. Allegria. Per fortuna dopo suonano un pezzo dei Beatles. Quello che fa: “All the lonely people, where do they all come from; all the lonely people, where do they all go to”. Doppia allegria. Si passa a Scarborough Fair. Pezzo perfetto per mettersi a ballare in modo sfrenato tra le statue del museo. Poi un pezzo di un altro danese simile al precedente, e infine il pezzo più allegro della serata, davvero, “Blackbird”. Fine. Solo uno si alza in piedi per applaudire, uno che deve avere dei problemi a camminare perché lo vedo sempre in giro su una specie di sedia a rotelle/motorino. Ho avuto una paura tremenda di un bis, ma forse qua non usa.
I commenti stamani sono tutti entusiasti.
Finito l'entusiasmante concerto tutti in fila per mangiare i dolci, che per quantità superano il resto della cena. E' quasi finita. Mi avvio verso l'uscita dove ci sono gli altri dell'EASD. Che si fa si va? Non ci si muove. Ci guardiamo. Sorridiamo. Incrocio lo sguardo di Klaus, il mago del computer, un vero mago del computer, un tipico tedesco, sui quaranta, barbetta, buzzo da birra, beve solo quella, con l'aria sempre un po' burbera, di poche parole, ma è diventato il mio preferito, soprattutto da ieri sera. Che dici si va? Aspettavo solo che tu me lo chiedessi. Scendiamo le scale, quasi di corsa, capisco che lui si è divertito tanto quanto me, c'è il pulman che ci aspetta per riportarci all'albergo. Il burbero di poche parole però si preoccupa degli altri, e li chiama. Saliamo sul pulman e arrivati all'albergo il burbero mi chiama un taxi.
Fine.
I commenti stamani degli invitati che ho incrociato sono tutti entusiasti della serata. Io sono d'accordo solo con uno dei commenti: “Very Danish”.
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3 comments:
Sburk in ghingheri...voglio la foto!
ma non ti basta tutto questo per l'inizio del tuo romanzo very danish & very fatish?
un po' di scopate assurde un po' di scandali internazionali un po' di giallo un po' di nero un po' di rosa un po' d'equivoci figli del melting pot.....
idem! (per la foto)
Bentornata
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