29.5.10

Herzog a teatro

Il teatro non mi piace per niente. Le poche produzioni teatrali alle quali ho avuto modo di assistere erano un affronto allo spirito umano. Il teatro mi è apparso così deludente e rivoltante che ho smesso di andarci molto tempo fa. Trovo la recitazione sul palcoscenico disgustosa e niente affatto convincente, priva di un'autentica vitalità. L'enfasi drammatica, le urla, la falsa passione: tutte queste cose mi danno il tormento. (...)
Lo dico in modo ancora più drastico: sarebbe più facile farmi assistere a un combattimento di wrestling che a uno spettacolo teatrale: preferisco di gran lunga le esibizioni false e coreografiche dei lottatori di wrestling, con i vari personaggi che parlano agli spettatori per mostrare quanto sono cattivi. Inoltre avverto un profondo fastidio quando mi trovo in mezzo a un pubblico teatrale. Mi rendo subito conto di essere estraneo. E' un pubblico che sente, pensa e agisce in modo diverso da me e francamente mi troverei più a mio agio nel bel mezzo della folla volgare del wrestling.

Werner Herzog in Incontri alla fine del mondo, conversazioni tra cinema e vita, a cura di Paul Cronin. Minimum Fax

Ladri di biciclette

Stamani ho scassinato la serratura della mia bicicletta con un seghetto. C'ho messo tra i 5 e i dieci minuti. Ero in pieno centro all'ora di punta. Nessuno mi ha chiesto niente.

26.5.10

Si fa la pace?


Trovato su The wild blue yonder http://tanuchi.tumblr.com
Questo tumblr... quasi quasi.

Embeh!!!


COMBO a collaborative animation by Blu and David Ellis (2 times loop) from blu on Vimeo.

Trovato su http://oceaniade.tumblr.com/

Un periodo Peter Gabriel

Come mi va a maggio

Sono tornata dopo un paio di settimane distratte a leggere il libro intervista a Werner Herzog, Incontri alla fine del mondo - Conversazioni tra cinema e vita.
Ascolto Scratch my back di Peter Gabriel.
E' un album di cover, ci sono pezzi famosissimi come Heroes di Bowie e Philadelphia di Neil Young; altri meno come My Body is a Cage degli Arcade Fire (una delle mie preferite)e Flute di Bon Iver (un cantante americano scoperto non troppo tempo fa e diventato uno dei miei preferiti); c'è anche un pezzo dei Talking Heads irriconoscibile, Listening Wind. Il disco è sinfonico, non so se dice così: Peter Gabriel in tutte le canzoni è accompagnato da un'orchestra - fiati e archi, niente batteria, niente percussioni proprio, niente schitarrate rock. Sarà la scelta dei pezzi, sarà la voce di Gabriel, saranno gli arrangiamenti, ma per ora Scratch my back batte tutti gli altri CD che cercano di farsi sentire, e non sono CD a caso. Gli andrà meglio a Giugno, forse.

19.5.10

Una nozione al giorno...

non leva il medico di torno. Ma la cioccolata invece...



Un sito che carica un'immagine al giorni per 'insegnare' qualcosa. Via Il Post.

13.5.10

Pausa pubblicità



Io so come testarla.
Col mio coinqui, se funziona con lui, funziona con chiunque.

(grazie geko)

Achille è in crisi

Chi è Achille? Questo.
Però è anche divertente.
E soprattutto mi riconosco in questa sua frase "ciao, sono uno di quelli che ogni tanto, quando hanno un sacco di cose da fare, si mettono a fare una cosa completamente inutile".
Io, altre volte invece, mangio la cioccolata.

11.5.10

Commento n. 8: il plunk cake



Il sito Dissapore fa una classifica sui prodotti Mulino Bianco rimasti nel cuore. Mette i baiocchi solo al settimo posto, e dice che fanno venire il mal di denti. Ma quando mai. Comunque a casa nostra soprattutto le merendine del Mulino Bianco andavano alla grande. Quelle più tristi, come i tegolini e i soldini qua sopra (me ne ero completamente dimenticata, ma sono kitchissimi bellissimi). Se per sbaglio arrivava una scatola di plunk cake, era una festa. Alzava la media, la comparsa abbastanza frequente devo ammettere, delle crostatine al cioccolato. Quelle alla marmellata venivano ignorate completamente o mangiate solo per disperazione, che ne so, se il fidanzato non ti aveva chiamato quando aveva detto che lo avrebbe fatto, tipico, o se il giorno dopo avevi il compito di fisica che lo sapevi che tanto avresti preso quattro e quindi tanto valeva non perdere tempo a studiare ma a mezzanotte, finito il film di cui non ti fregava niente alla televisione, prima di andare a letto te ne penti amaramente e ti mangi la crostatina alla marmalleta non si sa bene di che cosa.
I biscotti Mulino Bianco invece usavano un po' meno, vincevano sempre gli Oro Saiwa. Non ho mai capito perché... forse perché piacevano solo a mio padre e così era certo che non li finivamo appena messi a posto nella dispensa.

E parliamo dei regali mulino bianco.











































PS: plunk cake è scritto consapevolmente così, è ripreso dal commento n.8 del post su dissapore, non è un mio solito errore di ortografia. Marmalleta invece lo lascio così, perché fa già tendenza.

3.5.10

La vignetta del New Yorker

Mangio dunque fotografo



Traduco, liberamente, un articolo apparso sul New York Times il 6 Aprile intitolato Prima l'obiettivo poi la forchetta. Liberamente nel senso che ho saltato qualche frase e riassunto altro, ma più o meno c'è tutto. Se volete controllare o se preferite leggere l'originale in inglese, lo trovate qui. Ci trovate anche un po' di fotografie. Di cosa? Di cibo. Gnam.

Javier Garcia, un neurologo di 28 anni fotografa ogni piatto che mangia e poi mette le immagini sul suo sito ejavi.com/javiDiet. Sono più di 9000 le foto caricate e costituiscono un punto di vista stranamente intimo e senza filtri della sua vita. Garcia non fotografa i piatti speciali, ma qualsiasi cosa mangi. Il mese scorso perse il suo iPhone (ndb: l'iPhone naturalmente, cos'altro) a New York e gli toccò insistere con gli amici perché fotografassero quello che stava mangiando e poi gli inviassero le foto per posta elettronica. E' stato un incubo, ha detto, anche perché la qualità era inferiore.
Nel 1825, il filosofo e amante della buona tavola, il francese Jean Anthelme Brillat-Savarin, scrisse "dimmi cosa mangi e ti dirò cosa sei". E pare sia proprio questo quello che stanno facendo molte persone in tutto il mondo, fotografando il cibo e mostrandosi così in modo molto più vivido rispetto ad una semplice lista scritta di antipasti e primi piatti.
Il fenomeno dei diari dei cibi sta crescendo sempre più, e le foto con tag 'food' su Flickr sono aumentate di dieci volte negli ultimi due anni, come dice Tara Kirchner, direttore del marketing del famoso sito di fotografie. Uno dei gruppi più attivi si chiama 'I ate this' (io ho mangiato questo), e conta più di 300.000 mila foto di più di 19.000 membri - sarebbero probabilmente di più se non ci fosse il limite di 50 foto al mese per membro.
Nora Sherman ha 28 anni e un sito, Thought for food, e dice che i suoi post di fotografie di quello che mangia sono i più commentati e hanno contribuito a darle un senso di connessione e comunità quando ha dovuto traslocare da New Orleans a Manhattan. "Persone che non ho mai incontrato seguono il mio blog e mi conoscono attraverso quello che mangio". Ha anche conosciuto il suo fidanzato attraverso un altro commentatore del suo blog, che pensava che i due si sarebbero piaciuti. Usa un Canon Powershot S90 e carica tutti i giorni le foto sul web mettendoci meno di 30 minuti. Dice che la macchina fotografica è piccola ma funziona bene con poca luce. Non cerca di migliorare le foto perché dice che le piace fare foto che nessun professionista farebbe, come tenere un'ostrica tra le dita o un bagel a cui ha già dato un morso. Dice che questo vizio di fotografare quello che mangia l'ha portata anche ad essere una mangiatrice avventurosa, e va alla ricerca di cibi più interessanti e fotogenici, che prima non avrebbe osato assaggiare, come la trippa, il cuore e il tendine, dei ristoranti asiatici di Flushing nel Queens. Infine dice che fotografare tutto quello che mangia e postarlo, l'ha costretta anche a essere più onesta quando decideva di mettersi a dieta.
Infatti Javier Garcia cominciò a fotografare il cibo dopo essere riuscito a perdere 35 chili. "Fa sicuramente parte della mia paura di riprendere peso. Fotografandolo lo tengo d'occhio. Non mi piacerebbe vedermi far fuori un barattolo intero di burro di noccioline."
Pamela Hollinger ha 36 anni e lavora per una radio in Texas. Suo marito, con cui è sposata da otto anni, si è rassegnato al vizio. I primi tempi che uscivano insieme non riusciva a capire e le chiedeva cosa stesse facendo, ora non lo nota neanche più. Pamela ha cominciato fotografare il cibo nel 1997 ed era un modo per far vedere alla madre cosa mangiasse in vacanza, ma ora fotografa praticamente tutto. Dice che probabilmente si è comprata l'iPhone (ndb: visto!) proprio per il vizio, perché è così semplice e veloce fotografare e si nota molto meno, e chi lo nota magari pensa che tu stia mandando un messaggio. Manda direttamente le foto per email ad alcuni amici e poi alcune le carica su Facebook e su Chowhound, un sito che si occupa di cibo sotto qualsiasi punto di vista, dalle ricette, ai ristoranti, agli utensili. Anche lei dice che i post con le foto di quello che ha mangiato o preparato riscuotono il maggior successo.
Gli psicoterapeuti non sono sorpresi che molte persone stiano tenendo diari fotografici di quello che mangiano e che le mettano online. "Inconsciamente il cibo equivale all'amore perché il cibo è stato la connessione più profonda e più primitiva che c'è stata con la persona che si prendeva cura di noi," dice Kathryn Zerbe, una psichiatra specializzata in disordini dell'alimentazione dell'Università dell'Oregon a Portland. "Quindi è naturale che le persone abbiamo voglia di catturare, collezionare, catalogare, vantarsi e mostrare il loro cibo".
Tuttavia, fotografare i propri pasti diventa patologico quando interferisce con le proprie relazioni e carriere, o quando il farlo crea ansia. "Devo chiedere se si sentono bene quando non lo fanno," dice Tracy Foose, una psichiatra dell'Università della California che tratta pazienti con problemi ossessivi compulsivi. "Se potrebbero astenersi dal farlo".
Joe Catterson, il manager di Alinea, un ristorante di Chicago, dice che sempre più persone non ci riescono. Racconta che un cliente si era accorto di aver portato le lenti sbagliate per la macchina fotografica, e ha lasciato la moglie ad aspettare al tavolo per più di un'ora mentre lui andava a casa a prenderle.
Il vizio si osserva anche nei ristoranti dove i piatti sono meno elaborati. John Vasilopoulos, manager di Cup & Saucer, un diner nel Lower East Side, Manhattan, dice che certi clienti devono per forza fotografare i loro pancakes e spedire immediatamente le foto agli amici; e non lo capisce perché i pancakes nel frattempo si raffreddano, ma lo prende come un complimento.
Questa moda è stata naturalmente notata dalle case costruttrici di macchine fotografiche. Nikon, Olympus, Sony e Fuji hanno commercializzato macchine con funzione 'cibo' o 'cuisine' che costano dai 150 ai 500 euro. Terry Sullivan, un redattore della rivista Consumer Report, dice che queste funzioni permettono scatti ravvicinati con aumentata saturazione e contrasto in modo tale che i colori e il materiale di cui sono fatti i cibi risaltino particolarmente.
Questo stupisce Tucker Shaw, il critico culinario del Denver Post, che si è accontentato di una semplice macchina digitale inquadra e schiacchia per fare le foto a tutto quello che ha mangiato nel 2004; poi ha pubblicato un libro di fotografie: Tutto quello che ho mangiato, un anno nella vita della mia bocca. "Un tempo se fotografavi il piatto la gente si girava e in qualche ristorante sono anche finito nei guai," dice Shaw, "mentre ora succede ovunque e dimostra che abbiamo perso il controllo sul cibo - non potremmo diventare più ossessivi di così."
Tuttavia, Shaw dice che l'anno che ha passato a fotografare tutto quello che mangiava (e un anno per lui è stato più che sufficiente) è risultato in un resoconto dolorosamente onesto della sua vita che rivelava qualcosa di più del semplice fatto che non stesse mangiando abbastanza foglie di insalata. "Riguardandole adesso, noto che le foto che ho fatto sono molto personali e si riesce probabilmente a capire che tipo di persona sono." Inoltre le immagini stimolono ricordi ed emozioni in un modo diverso da un diario scritto. "Ricordo ogni singolo giorno, con chi ero, e cosa sentivo."
A differenza della foto di un fiore o di un amico, l'immagine di un pasto richiama qualcosa che si è annusato, toccato, assaggiato e alla fine digerito. Carl Rosenberg ha 52 anni ed è un web designer. Divide il suo tempo tra San Francisco e Austin, negli Stati Uniti, e Addis Abeba, in Etiopia e fotografa quello che mangia con una Nikon D3. Secondo lui, c'è una connessione più diretta col cibo che porta a formare un ricordo più essenziale dei momenti vissuti. Spesso accanto ai piatti mette un pelouche, una pecora che chiama Crazy Sheep, prima di fare la fotografia, in ricordo dello gnomo da giardino viaggiatore nel film Amélie. Sempre secondo Rosenberg, che non mette le sue foto su Internet ma le condivide solo con la famiglia e gli amici, fotografare cosa si mangia è un modo più accurato di documentare la propria vita. "Il cibo non fa faccine particolari quando lo fotografi."

La foto là sopra è mia. E quel cocktail di gamberetti freschissimi con pompelmo ce li siamo preparati e mangiati non molto tempo fa. Buoni!

E' grave?

Sono già due mattine che quando passo la tessera per timbrare il mio ingresso a lavoro, invece di segnare 'entrata' segno 'uscita'.

1.5.10

Werner Herzog on my mind


“Siamo circondati da immagini consumate, e ce ne meritiamo di nuove”

Come mi va a maggio



Avrei continuato a leggere Cousteau, chissà magari oggi l'avrei anche finito, invece leggo Incontri alla fine del mondo, una lunga intervista a Werner Herzog.
Anni fa stavo cercando il gallo più grande che potessi trovare e ho sentito di un tizio a Petaluma, in California, che possedeva un gallo di più di tredici chili, chiamato Weirdo. Purtroppo Wierdo era morto, ma i suoi figli erano ancora vivi ed erano anche più grossi. Mi sono recato sul posto e ho trovato Ralph, figlio di Weirdo, che pesava incredibilmente quattordici chili e mezzo! Poi ho trovato Frank, una speciale razza di cavalli in miniatura, alto meno di sessanta centimetri. Ho detto al proprietario di Frank che volevo riprendere Ralph mentre inseguiva Frank - quest'ultimo con un nano in groppa - intorno alla più grande sequoia del mondo, trenta metri di circonferenza. Sarebbe stato stupefacente perché il cavallo e il nano insieme sarebbero stati comunque più bassi di Ralph, il gallo. Ma sfortunatamente il proprietario di Frank ha rifiutato. Ha detto che la cosa avrebbe fatto sembrare stupido Frank.
Ascolto Smile di Uncle Cracker.