11.7.08

Il miglior titolo dell'anno


Serial killer di conigli sceglie le vittime con Google Earth
In inglese è Bunny Murders. E non è un fumetto o l'ultima opera del Bartoli. La notizia è su quel buffo giornale online che è la Repubblica e si tratta della misteriosa uccisione in modo parecchio brutale di, appunto, conigli. Ma vi consiglio di leggere l'articolo, che termina con questa agghiacciante ipotesi futura "La paura vera, che rimane tra i denti degli investigatori, è che il piacere di uccidere, il gusto nella sopraffazione e nel potere di dare la vita e la morte che il serial killer mostra in questi delitti, possa un giorno essere rivolta verso esseri umani." Un po' da Dexter (lo so che siete in 2 a capirlo).

In argomento, qui c'è un sito con tutte le vignette dei Suicide Bunnies (per chi non li conoscesse, quelli della vignetta).

Gipi for president



Vedere per credere.

Io e Matt proprio non ce la facciamo a starci simpatici, anche se ci proviamo

Sono stata malata. Sì a luglio. Con questo caldo. La febbre.
Ma non troppo alta da permettermi di vedere qualche filmino. Tre (e mezzo).
Penso di essere nella stessa fase del mio coinquilino qualche tempo fa. Non mi riesce parlare bene di nessun film che vedo. Passerà.
Ho visto nell'ordine:
Tutti gli uomini del re. Un film con Sean Penn e Jude Law. Tutti e due mi piacciono molto, in generale, e anche qui. Anche se non si capisce (vorrei veramente sapere chi è stato quel genio) perché Sean Penn è stato doppiato con un accento siciliano da mafioso. E nel film, non è di origine italiana, è della Louisiana. Diciamo che la storia vale, l'ascesa e il declino di un governatore della Louisiana negli anni, boh, direi 50/60, gli intrighi politici, l'effetto del potere, però, secondo me, poi scade un po' nel torbido drammatico con colpi di scena un po' gratuiti e personaggi che diventano solo contorti, o almeno così l'ho percepito io. Perché poi ho scoperto che è un rifacimento di un film del 1949, che aveva vinto tre oscar (tra cui miglior film), tratto da un libro che aveva vinto il Pulitzer. Sarei curiosa di vederlo.
The good shepherd. Con la regia di Robert De Niro e con una sfilza di bravi attori di ieri e oggi. L'argomento è il controspionaggio, CIA, dalla seconda guerra mondiale alla Baia dei Porci. Tutti contro tutti, senza fidarsi mai di nessuno e la nazione prima di qualsiasi cosa. Troppo poco pathos, per i miei gusti. Poi c'è Matt Damon, che fa quella parte che gli fanno fare abbastanza spesso, quello indifferente a tutto, faccia totalmente inespressiva ma perché lo vuole il personaggio certo. Quando fa parti più allegre, dove ogni tanto sorride, quasi quasi mi sta simpatico.
Sorvoliamo su Damon, chiaramente è amore. Se non pathos. Nel precedente dicevi che ce n'era troppo in questo troppo poco.
Infatti ci vuole la giusta dose. Non è mica facile. Robert De Niro pare ci abbia lavorato 10 anni a questo film, forse troppo.
The life of David Gale. Nonostante Kevin Spacey, Laura Linney e Kate Winslet. E nonostante Alan Parker. Brutto, proprio brutto.

7.7.08

Quasi quasi

Lodo Michele Serra:
facciamolo innocente ad honorem, purché la smetta.

3.7.08

American Gangster


Sono andata a vedere American Gangster con tutti i migliori propositi.
Forse troppi.
E con la solita speranza, che è il sottotitolo di tutti gli ultimi film di Ridley Scott, diciamo da Thelma e Louise in poi, che finalmente il regista di Blade Runner avesse messo la testa a posto e avesse prodotto un film degno del suo nome, mi sono seduta con una fresca birretta a godermi lo spettacolo.
Gira voce infatti che il tizio che ha girato I duellanti (1977), Alien (1979) e Blade Runner (1982) in realtà sia morto, da moltissimo tempo, diciamo da Thelma e Louise (probabilmente non l'aveva terminato, un po' come Eyes wide shut che non è considerato allo stesso livello degli altri film di Kubrik) e che al suo posto ci sia un impostore che usa il suo nome e la sua faccia per girare film assai inferiori a quelli del vero maestro.
Comunque. Le critiche di amici e di critici amici mi avevano fatto ben sperare. Questa volta.
Un'ottima annata, non c'ho proprio neanche pensato di andarlo a vedere.
Prima aveva fatto Soldato Jane! Soldato Jane!
Per non parlare di Le Crociate e Il Gladiatore.
L'unico che forse salverei degli ultimi anni è Il genio della truffa.
Tutti film ben fatti. Ci mancherebbe. Il ragazzo la tecnica ce l'ha e come, ma diciamo che il genio l'ha perso, e subito.
Non penso di essere mai stata così cattiva, ma per American Gangster non so perché c'erano delle aspettative, ci credevo ecco, gli ho voluto dare fiducia, e invece una nuova delusione. E le delusioni bruciano. Sarà poi che in questo periodo vedo davvero pochi film, che uno ci rimane male se quando va al cinema non gli tocca il capolavoro. E qui siamo un tantino lontano. Un tanticchia, direbbe Montalbano.
Perché non mi è piaciuto, eh? Immagino vada detto.
Perché nel film non c'è niente che me lo rende neanche un tanticchia memorabile.
A caminciare dai due protagonisti, interpretati da fior fiore di attori, lo spacciatore nero Denzel Washington e il poliziotto che più onesto non si può Russell Crowe: totalmente stereotipati. Diciamo che Crowe mi è piaciuto più di Washington in questo film, anche se di solito è il contrario. Il film è tratto da una storia vera, da un articolo, e uno penserebbe che essendo questi personaggi veramente esistiti ed immagino ancora in vita, un bravo regista sarebbe riuscito a caratterizzarli di più. La figura del poliziotto tanto tanto, ma quella del gangster preciso preciso che segue le regole di come deve essere un gangster: viene dal basso, si costruisce da solo, non alza mai la voce ed è gentile con tutti ma quando ci vuole è spietato e non guarda in faccia neanche la sua famiglia, tutti lo rispettano, si veste bene (anche se poi c'ha quella caduta di stile, che secondo me è un'invenzione, non può essere davvero andata così), possiede un club alla moda sempre pieno di bella gente, ed ha una bellissima moglie che è stato amore a prima vista e lui l'ama e lei ama lui (la moglie è il personaggio più imbarazzante di tutti). Giuro. E' così. Anche il poliziotto non scherza, super onesto, va contro anche i suoi colleghi, deluso dal suo partner poliziotto, lasciato dalla moglie alla quale però non porta rancore, piacione, disordinato, venuto dal basso, amico di gente della mala perché d'altra parte da lì viene, sempre ottimista non demorde mai. E dovrei pure commentare?
La ricostruzione dell'America anni 70 è ben fatta. Appunto, ben fatta e basta. I vestiti giusti, le capigliature giuste, le automobili giuste, i colori giusti, l'eroina giusta. E la musica giusta.
Ho pensato a cosa salvare del film. Mi viene in mente, l'enorme palazzo fatiscente tutto vetrate dove avvengono varie scene importanti del film e poi... e poi poco altro.
Insomma, è stato paragonato a Il Padrino. E' stato tirato in ballo Scorsese e De Palma. Forse gli manca il cognome italiano. Non è colpa sua.

(Diciamo che ho solo un dubbio. Siccome nel film si vedeva in continuazione il microfono, non è che al cinema all'aperto dove ho visto il film gli hanno mandato una pellicola scadente, una versione non finale, un primo montaggio del film? Insomma il dubbio rimane)

2.7.08

Greenaway incontra Da Vinci, e secondo il primo si stanno simpatici

Leggo su The Guardian che ieri a Milano c'è stato l'evento unico (nel senso che almeno per ora non verrà ripetuto) dell'istallazione che il regista e artista inglese Peter Greenaway ha fatto sul Cenacolo di Leonardo da Vinci. Ho dato un'occhiata ai giornali italiani online La Repubblica, La Stampa e il Corriere della Sera per vedere se davano la notizia (il Corriere è pure milanese!) ma niente; ho pure esplorato le rubriche cultura e spettacolo, ma la notizia più importante è l'imminente parto di Angelina Jolie.
Dice Greenaway che ha voluto reimmaginare il capolavoro vinciano per la generazione del laptop e dopo varie difficoltà, ci sono voluti 18 mesi, è riuscito ad avere il permesso dalle istituzioni italiane per mettere in scena la sua opera ma solo al cospetto di pochi invitati scelti, vip milanesi e critici d'arte, e qualche prelato.
Il nuovo Cristo appare in tre dimensioni, sembra un ologramma e un sole accecante si leva e poi tramonta alle sue spalle. Le 13 figure dell'affresco vengono trasformate in sagome dai contorni ridisegnati con una linea di gesso come quelle che si vedono sulle scene del crimine nei film e quando alla fine torna il buio le vediamo dietro una grata come in una prigione. Sul sito del giornale inglese oltre all'articolo c'è il video dell'istallazione, perché a parole è un po' difficile descrivere l'istallazione.
L'articolo dice che a Vittorio Sgarbi, la reinterpretazione di Greenaway è piaciuta, dice che ha riconsacrato l'opera di Leonardo dopo che Dan Brown col suo Codice Da Vinci l'aveva sconsacrata. Però!
Per altri invece, come per Pietro Marani, uno dei più importanti studiosi mondiali dell'opera vinciana, è totalmente inappropriato che l'affresco venga usato come schermo per la proiezione di una performance di arte contemporanea. Aggiunge, che il Cenacolo non è stato preservato per diventare materiale per un altro artista e che Peter Greenaway usa Leonardo solo per attirare l'attenzione del mondo.
Secondo Greenaway, se Leonardo fosse vivo non sarebbe semplicemente interessato a fare film, ma starebbe sperimentando telecamere ad alta definizione e la tecnica dell'ologramma. Sarebbe affascinato dall'era post-digitale. Greenaway è sicuro che appoggerebbe la sua istallazione, al contrario di molti accademici che pensano che il Cenacolo appartenga solo a loro e non al mondo intero. Quest'opera, ancora secondo il regista inglese, appartiene alla generazione del laptop quanto agli accademici e lui l'ha voluto così dimostrare. Il suo scopo non è stato mai quello dello shock ma di spingere i visitatori a guardare l'opera con nuovi occhi dopo che è stata svalorizzata con l'uso che se ne è fatto su cioccolatini e magliette.
Greenaway ora spera di poter ripetere l'esperimento su altre opere d'arte, come Guernica di Picasso, le Ninfee di Monet, Las Meninas di Velasquez e un quadro di Jackson Pollock a New York; ma il suo progetto più ambizioso sarebbe nientepopodimeno che il Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina. E pare che si stiano già avviando le contrattazione con chi di dovere.