29.2.08

Un'occasione da non perdere

Anno bisestile.
Quando mi ricapiterà di scrivere un post con questa data?

27.2.08

M'è passata

La fissa su Gramellini.
Nel suo Buongiorno di oggi ha parlato male (non proprio male ma insomma quanto mi basta) del film dei fratelli Coen che io non ho visto, ma 1. è piaciuto a Ico e 2. la maggior parte dei film dei Coen mi piacciono molto (Ico, ma anche The Ladykillers e Prima ti sposo poi ti rovino, ti sono piaciuti così tanto?).
E non solo.
Ha poi parlato bene dell'ultima canzone di Jovanotti.
Che fosse ironia?
Io però non l'ho colta.

26.2.08

Into the Wild


Avvertenza: Sarà un post sentimentale.
Erano gli anni 90. Uscivamo finalmente dagli anni 80. Ve li ricordate gli anni 80?
Il fard sulle gote, le spalline sotto le camicie, sotto le magliette, sotto le giacche, sotto tutto, i pantaloni con l'acqua in casa, i paninari, le timberland.
Momento di raccoglimento per fare mente locale e poi riprendersi dallo shock.
Gli Spandau Ballet, i Duran Duran, Scialpi.
Idem coma sopra.
E poi eccoli gli anni 90. E siccome gli anni 80 avevano davvero esagerato si va giù duro. Almeno all'inizio. Si rispolverano gli anni 60 e 70. Basta con tutte quelle finzioni, con la vita di plastica, via le varie protesi (caso mai usiamo la chirurgia se proprio qualcosa del nostro corpo non ci piace perché poi arriveranno gli anni 2000), via la permanente, tutto più naturale. Anche la musica. Via sintetizzatori e tastiere. Via camicie piene di colletti giganti inamidati e scarpine a punta. Ecco il grunge. Capelloni sudici in maglietta e jeans, e se proprio proprio, toh, un cardigan, che suonano chitarra-basso-batteria, e basta, perché davvero basta. E diventano pure famosi, famosi un casino, con i Nirvana. Ma intorno a Seattle ce ne sono altre di band, come i Pearl Jam, per esempio, il cui cantante però, Eddie Vedder, in realtà è di San Diego.
Ed Eddie Vedder canta durante tutto il film. Ah giusto, perché è del film Into the wild che voglio scrivere. Non canta proprio sempre sempre, Eddie Vedder. Ma la sua voce è più bella del solito. Secondo me. E in quel film la sua voce ci sta proprio bene. Anche Sean Penn lo ha pensato.
E sono finalmente gli anni 90 e anche il protagonista del film, che poi è una storia vera, vuole togliersi di dosso un po' di finzioni, di cose non necessarie. Vivere con lo stretto necessario, vivere di quello che trova per la strada. Forse esagera un po'. Anzi esagera veramente. Insomma, non si va in Alaska così, e già era stato parecchio fortunato a trovare l'autobus abbandonato e tutto accessoriato. Non crescono mica sugli alberi gli autobus abbandonati, anche se siamo in America. Ma ha vent'anni. A vent'anni si fanno le cazzate. Per fortuna spesso se ne esce anche.
E si vede l'America. L'America bella, quella dei grandi spazi, della natura, delle possibilità, del c'è posto per tutti, degli hippy ancora, di quelli che ti danno un passaggio e che poi ti invitano a casa (si vede anche un po' di quella brutta, ci mancherebbe).
E Supertramp, il protagonista, appunto ha vent'anni ed è invincibile e supponente, sognatore e strafottente, immortale e antipatico, carismatico e egoista come si può solo essere a quella età.
E nei film, anche quando sono tratti da storie vere.
Insomma, io vi avevo avvertito.

25.2.08

Non guardare questo film


La casa di sabbia e nebbia. Uno dei film più tristi e angoscianti che abbia mai visto. Mi ha fatto tornare in mente Dancing in the Dark, ma almeno lì c'era della creatività. Questo film qua era solo triste e deprimente. L'Oscar per il peggior peggiore va comunque al genio che ha fatto la colonna sonora, un continuo rumore angosciante che non finiva mai (evviva i Dogma danesi che non ce la mettono), cioè se già non ti sei depresso abbastanza con la storia e i personaggi, beccati questa e buttati poi dalla finestra. Per fortuna abito al primo piano, io. In realtà, pare che il genio in questione abbia vinto un paio di Oscar, va be' uno per Titanic, e praticamente fa le colonne sonore a tutti i film di Hollywood. Il film stesso comunque era candidato all'Oscar per miglior attore, migliore attrice non protagonista e miglior colonna sonora appunto.
Io l'ho trovato davvero brutto.
E ora ve lo racconto così non vi viene la curiosità di prenderlo e guardarlo.
E comunque siete avvisati, insomma se vostro zio vi ha detto che è un film bellissimo che cambierà la vostra vita (chiedetegli magari se intendesse in meglio o in peggio) e avevate intensione di guardarlo stasera, ecco, smettete di leggere questo post.
La contea di non so quale piccola cittadina della costa secondo me del Pacifico degli Stati Uniti sfratta questa tipa, che è Jennifer Connelly, quella di Phenomena e prima ancora Sergio Leone, dalla sua casa sul mare che le aveva lasciato il paparino che è morto. Lei è messa maluccio, e super depressa, sembra di capire ex alcolizzata e abbandonata senza motivo dal marito, e l'ha presa male, ma veramente male. Ben Kingsley, che dopo aver interpretato il super buono Ghandi interpreta solo ruoli di cattivi, è un ex colonello iraniano fuggito insieme alla sua famiglia dopo che hanno deposto lo Shia. Si intuisce che in Iran non era proprio un santarellino (poi dopo aver letto prima Shia-in-Shia di Kapuchinski e poi Persepolis di Satrapis su l'Iran so tutto), forse faceva parte della polizia segreta, chissà. Molto nebbioso, come il titolo. Kingsley fa finta di stare bene ma in realtà lavora come manovale sulle strade e di notte in un negozietto di quelli tipici america aperti 24 ore dove arriva sempre un tossico a fare la rapina. Infatti visto l'andazzo del film me l'aspettavo, ma almeno quello ce lo siamo risparmiati. Comunque sia facendo questi due lavori del cavolo quanto guadagnerà mai in tutto, 1000 euro, secondo me. Ma si vede in America gli stipendi sono messi meglio che qui da noi (e non ci vuole molto) e lui riesce a mantenere una bella casa, a pagare uno sfarzoso matrimonio alla figlia, la scuola al figlio e l'affitto di una bellissima casa. Ma, non è mica scemo, e all'inizio del film si rende conto che sta spendendo più di quello che ha, ed è qui che decide di comprare la casa messa all'asta dalla contea della Connelly per pochi soldi, mi sembra 40000 dollari. L'idea è sia quella di fare un favore alla moglie che amava la loro casa estiva sul Mar Caspio, il film inizia con una scena della moglie che gioca con i bambini sulle rive del mare mentre l'adorabile marito fa tagliare gli alberi davanti casa che ipediscono la vista sul mare, sia quella di fare un investimento rivendendola dopo qualche tempo al quadruplo del prezzo. Intanto la Connelly è disperata, non ha un soldo e viene buttata fuori dal motel dove era andata a stare e comincia a vivere in macchina. Viene in suo soccorso il bel vice sceriffo che si innamora di lei e molla moglie e due fogli così su due piedi, davvero, d'altra parte aveva sposato la sua migliore amica, così spiega la decisione, e inoltre va a minacciare il vecchio colonello iraniano che se non rende la casa li farà deportare. Se non si fosse capito Kingsley è perfettamente in regola, è la contea che ha sbagliato e se ne è lavata completamente le mani. Non la Connelly che c'è fissata con quella casa e torna continuamente là a implorare chiunque, spargendo le sue lacrime che si mescolano alla costante nebbia. Ahhh. Il culmine della sua disperazione la Connelly la raggiunge una sera in cui pensa che il bel sceriffo sia tornato dalla moglie, in realtà è stato trattenuto dagli affari interni del suo dipartimento di polizia per aver minacciato Kingsley, ha bevuto un goccetto di troppo e decide di andarsi a suicidare davanti alla sua vecchia amata casa. A un certo punto aveva anche riempito una tanica di benzina, non si capisce se per dar fuoco alla casa, quindi non sarebbe suicidio, o alla sua macchina con se stessa dentro. Boh. Comunque trova la pistola nel baggagliaio ma la pistola è scarica e lei piange così forte che Kingsley da dentro la casa la sente e la viene a prendere, e in collo la porta in casa. Fino a quel punto era stato anche parecchio manesco con la povera Jennifer. Insieme alla moglie la coccolano e le fanno un buon tè iraniano. La moglie poi la convince a farsi un bel bagno caldo per rilassarsi. E qui desperado ci riprova, inghiotte un bel flacone di pillole. Ma la santa moglie (lei è l'unica che mi è piaciuta nel film) la salva facendola vomitare nel cesso. Son li che la stanno portando nel letto quando irrompe quel furbone del vice sceriffo, che non crede a niente di quello che gli viene raccontato e rinchiude la famiglia figlio compreso nel cesso e aspetta che la bella desperado si svegli. Nel frattempo nel bagno il colonello fa uno dei suoi discorsi machi da uomini tutti d'un pezzo al figlio, dicendogli che l'americano in realtà ha paura ed è la pistola che lo fa sentire forte, e che bisogna avere il leone nel cuore o qualcosa del genere. Insomma alla fine trovano un accordo, anche se Kingsley si era già convinto a rendere la casa alla contea visto i continui suicidi della Connelly. Non ne poteva più. Invece viene costretto dallo sceriffo e vanno lui, Kingsley e il figlio agli uffici a fare questa cosa. Lì, al figlio tornano in mente le parole del padre e riesce a sfilare la pistola allo sceriffo. Ma è pieno di poliziotti che sparano al ragazzo che dopo un'operazione, mentre il padre ancora tutto insanguinato prega per terra, ovviamente muore. Il bel vice sceriffo invece va in prigione. Oh ma non è mica finito, manca il tocco finale. Il colonello è disperato, anche lui ora, e non può dire alla moglie che l'amato figlio è morto allora comincia a farle bere tè buono iraniano con pillole buone americane finché non si addormenta per non risvegliarsi più. A quel punto lui si veste nella sua alta uniforme, si infila in testa la plastica trasparente in cui era avvolta l'alta uniforme, se la chiude ben bene con nastro adesivo da pacchi, si sdraia accanto alla moglie e mano nella mano aspetta la morte. Yuppie. Non è finito. Ovviamente arriva desperado Connelly, troppo tardi, e piangendo sia accuccia in posizione fetale tra i due corpi.
Nebbia, sabbia, mare e la fantastica colonna sonora chiudono questo capolavoro.

22.2.08

Ora m'è presa 'sta fissa su Gramellini, ma poi mi passa

GNA FAMO

Se qualche politico italiano decidesse all’improvviso di ispirarsi a Barack Obama, potrebbe trovare utile la lettura delle tre righe con cui il senatore dell’Illinois si rivolge su internet agli americani per ottenere finanziamenti: «Io non vi sto solo chiedendo di credere nelle mie capacità di realizzare il vero cambiamento a Washington. Io vi sto chiedendo di credere nelle vostre». Sono questi richiami retorici alla responsabilità di ogni individuo che fanno scorrere i brividoni lungo la schiena degli eredi dei pionieri. Ora, provate a immaginarle pronunciate in Italia davanti a una platea di elettori, magari progressisti, ma sicuramente furenti con lo Stato per i suoi disservizi e con la Casta per i suoi privilegi. È probabile che a mietere applausi sarebbero i richiami ai diritti e non ai doveri, alle colpe degli altri e non alla necessità di impegnarsi in prima persona.

È da qualche tempo, circa un paio di millenni, che l’italiano medio tende ad affidarsi a chi promette di risolvergli un fastidio più che a chi tenta di coinvolgerlo in un’avventura. E se proprio si innamora di un sogno, privilegia quello che gli costa meno fatica, delegando a qualcun altro la soluzione dei problemi collettivi e mantenendo per sé l’esclusiva del lamento e del mugugno. Per fare gli americani, nel bene e nel male, serve la materia prima: gli americani, appunto. Loro si rispecchiano in Obama che dice «We can», ce la possiamo fare. Noi nel Funari di Corrado Guzzanti che borbottava: «Gna famo».

La Stampa 8/2/08

Internet ovunque



Si vede eh che ho messo il wifi a casa.
Ma è anche un po' ansia di prestazione.
Mi passerà.

21.2.08

Caos Calmo

Tutta la nazione ne parla.
Ma io non l'ho visto e non credo che per ora lo vedrò.
Intanto però ho letto questa recensione e mi sembrava carino condividerla.
Va letta ad alta voce facendo finta di essere Valerio Mastandrea.
Pronti? 
Via

“SO’ SOLO, SO’ VEDOVO, DEVO SOLO S.O.S.”
chenfatti uno sepenza checcosa po’ succede cuanno che te stira le zampe tu moiie? allora infatti uno po’ piagne oppure disperasse oppure poi finarmente piscià colla tavoletta abbassata envece accaoscarmo ce stauno che semette sunapanchina e se mette affà erguardone fori da lascola della fiia allora infatti poi lui penza unzacco decose ma manco troppo perché ce sta sempre cuarcuno che iedeve rompe icoiioni allora poi lui umpo’ penza umpo’ fàrpiacione umpo’ no e fà tutti diiraggionamenti popo che sulla vita che avvorte è infame ma manco tanto chenzomma incuarche modo anche se infatti tà detto popo male poi bisogna trovà assolutamente nasoluzzone ummodo pé ritornà su lavia principale ummodo pé tornà a vive veramente na vita vivissima allora infatti lui piia nabionna selacarica accasa e ie dice a cosa te me vedi così che paro normale ma io ciòndramma internio io sto avvive nafase daavita mia che sto fori sintonia nun ciò la frenquenza giusta abbi pazzianza eh? enfatti poi se sintonizza sulle sise della bionna e sta bene.
chenfatti io navorta pure me penzavo davecce tutta la vita in mano envece poi… caos palmo.

L'autore? Johnny Palomba.

Rassegna stampa: La Repubblica

Bonsai di Sebastiano Messina
NON E' MAI TROPPO TARDI
Il 29 aprile 1963 John F. Kennedy non è ancora stato assassinato. Martin Luther King deve ancora fare il suo discorso più celebre, I have a dream. A San Pietro c'è ancora Papa Giovanni, al Quirinale c'è ancora Antonio Segni, alle Botteghe Oscure c'è ancora Palmiro Togliatti. I giovani italiani non sanno ancora chi sono i Beatles, Gianni Morandi non ha ancora cantato Fatti mandare dalla mamma, la Fiat 850 non è ancora uscita.
Il 29 aprile 1963, però, Ciriaco De Mita è già deputato della DC. Lo è ancora oggi. Ma dopo 11 legislature, e dopo essere stato sottosegretario della DC, presidente del Consiglio, presidente del partito, eurodeputato e persino segretario regionale, rifiuta il principio che a un certo punto bisogna farsi da parte, come se questo fosse un lavoro usurante. Non sarà stato usurante per lui, parlare per 45 anni. Ma ha mai pensato a quelli che lo ascoltavano.

Sburk: La Fiat 850?

INLAND EMPIRE

Finalmente ho trovato qualcuno che mi spiega INLAND EMPIRE. Grazie. Di cuore.
E secondo me lei l'ha capito: "C’è una donna, che sono due donne, ma che probabilmente sono tre. Una donna che è tutte le donne. E quella donna è in pericolo".
Due righe per un fil di tre ore.
Ma anche questo: Arrivare alla fine è stato un parto dal culo.

20.2.08

Diario di uno scandalo

Diario di uno scandalo è Judy Dench e Cate Blanchett. Cate Blanchett e Judy Dench.
Sicuramente è anche la musica di Philip Glass. La regia di uno che fa tanto teatro. E la storia presa da un libro.
Ma Diario di uno scandalo è soprattutto Judy Dench e Cate Blanchett.
Judy Dench è Barbara, un'insegnate vicina alla pensione di una scuola pubblica inglese. Osserva l'ingresso a scuola degli alunni "Ecco che arriva il pubescente proletariato locale. I futuri idraulici, commessi, e senza dubbio, anche l'occasionale terrorista. Un tempo si sequestravano sigarette e riviste porno; oggi coltelli e cocaina. E lo chiamano progresso." E' una donna sola. Divide la sua vita con un gatto e un diario (o meglio tanti, tutti quelli che ha scritto durante tutta la sua vita). "Le persone come Sheba credono di sapere cosa vuol dire essere soli. Ma del lento tic tac della solitudine di cui non si vede la fine, non sanno niente. Non sanno cosa vuol dire costruirsi un intero week end intorno alla visita in lavanderia. O essere tanto cronicamente inviolate che il tocco di un conducente di un autobus sulla spalla ti provoca una scossa di desiderio direttamente all'inguine".
La Barbara di Judy Dench fa paura.
Cate Blanchett è Sheba, la nuova insegnante d'arte. E' bella e piena di belle speranze. Sembra. "Glielo dissi di non tornare più. Che non gli avrei più fatto da insegnate. Ma si rifiutò di accettare e continuò a tornare. Cominciò a essere il nostro piccolo segreto, e insomma, i segreti possono essere ... seducenti".
Alla Sheba di Cate Blanchett si perdona tutto.
Diario di uno scandalo non vuole essere buono, né moralista, e tanto meno accondiscente, e gli piace essere così. Gli piace turbarti.

Parole Sante

Qualcuno poteva salvarsi e accettare un lavoro pagato 550 euro al mese, ma "noi non siamo mica il Titanic - mi dicono - non affonderemo cantando".
Parole sante, dice Ascanio Celestini.



Ho visto Parole Sante e ho scoperto che i telefonisti spesso cambiano nome, Cecilia per esempio non funziona, meglio Paola; che la notte chiamano i bisognosi d'affetto squattrinati e il pomeriggio i bambini per fare pratica di parolacce; che ai telefonisti può succedere di guadagnare 85 centesimi e basta anche se è il giorno della Befana; però i telefonisti si sposano anche tra di loro e pure in chiesa; che appena arrivano a lavoro, i telefonisti devono cercare una postazione decente; che in media, i telefonisti di un call center fanno 4000 click al giorno. E molto, molto altro ancora.

Parole sante è un documentario di Ascanio Celestini. Dura 75 minuti, e davvero non annoia mai, perché anche se non è fatto da attori professionisti, tutto è molto curato, è bello da guardare, bello da ascoltare.
Parole sante racconta la storia di alcuni lavoratori del più grande call center in Italia e ottavo nel mondo, si chiama Atesia, che stufi di cantare si sono organizzati.
E gli è andata come gli è andata.
Parole sante, lo dice il titolo, cerca di smuovere, smuovermi, all'azione, a smettere di far finta di niente, a non continuare a ballare e cantare mentre il Titanic affonda, a smuovere le coscienze cominciando dall'informazione (non controinformazione, come si dice nel documentario, perché non c'è nesuna informazione a cui andare contro).
Non so.
Vedi Parole Sante e poi dimmi cosa ti viene da votare.

Le vignette del New Yorker

Le vignette del New Yorker

15.2.08

Cous Cous


E poi alla fine Cous Cous l'ho visto. Il titolo originale sarebbe Le Graine e le mulet, che vorebbe dire la semola e il cefalo. Anche questo titolo infatti era nella lista dei titoli tradotti a sproposito secondo il blog che polemizzava sulla questione, ma ce l'ho tolto perché non mi sembrava troppo a sproposito. Sarà che c'ho una passione per il cous cous.
Comunque Cous Cous lo aspettavo in gloria. Ho saltato la piscina pur di andarlo a vedere, ho chiamato a raccolta gli amici, ho fatto la coda alla biglietteria.
E invece, mi ha deluso.
Ma penso sia semplicemente una questione di gusti. Oh! E' piaciuto a tutti (solo sulla lunghezza in molti hanno avuto da ridire). Noto che succede spesso che non mi piacciono i film che di solito vengono definiti realisti, quelli in cui ci sono attori non professionisti, in cui non si cura un granchè la scenografia e spesso non c'è neanche un testo ma si improvvisa. Cous cous è così. E quando i componenti della famiglia protagonista litigano, litigano davvero, e ti fanno davvero venire il nervoso, così tanto, che come nella vita reale, almeno io, ti alzeresti dalla poltrona e usciresti dal cinema sbattendo la porta. Ma al cinema c'erano le tende al post della porta. E quando mangiano il cous cous, ti fa venire una voglia di cous cous che quasi quasi quasta volta davvero ti alzeresti dalla poltrona e andresti dritto dritto al ristorante siriano a farti un bel cous cous. E se avessi saputo che davanti a te c'erano ancora 2 ore di film, forse non sarebbe stata una cattiva idea, accontentandoti per una volta di sbattere le tende.
Una piccola nota sul doppiaggio: terribile. Mi sono chiesta se in lingua originale mi sarebbe piaciuto di più.

Oggi su La Stampa

GABRIELE FERRARIS
Difendiamoci dai suv
Non odio i Suv, né chi li guida. Contrariamente alla quasi totalità di coloro che non posseggono Suv – e non aspirano a possederli – non ambisco di vedere i conducenti di Suv esposti al pubblico ludibrio, e i loro carrozzoni trasformati in lattine di birra nell’ambito di virtuose politiche di riciclaggio.

Non li odio. Però non capisco. Non capisco, perché, se domattina mi vestissi come un assaltatore del San Marco, con mimetica, anfibi e casco in kevlar, e me ne andassi a spasso così conciato in via Roma, mi ritroverei in un nanosecondo rinchiuso nel repartino della neurodeliri; e se mi aggirassi per le vie dello shopping brandeggiando un fucile d’assalto con puntatore agli infrarossi, verrei avvicinato da numerosi gendarmi bramosi di farmi conoscere i comfort del nostro sistema penitenziario; mentre nessuno trova non dico illecito – non è illecito – ma stravagante che un pacifico professionista panciuto, o una fintabionda sull’orlo del disarmo, solchino le vie delle nostre comunque quiete città, le nostre strade comunque passabilmente asfaltate, a bordo di mezzi concepiti per affrontare mulattiere, deserti, giungle, o i peggiori vicoli di Baghdad.

I guidatori di Suv, per spiegare la loro scelta, in genere adducono motivazioni bizzarre quanto il loro veicolo: gli serve «per andare in montagna» (ma dove vanno, in montagna? Sull’Himalaya?), o per caricarci «tanta roba» (e chi sono, Gondrand?), o «per portarci il cane» (ma che cane hanno? Il mastino dei Baskerville?). Ma soprattutto, spiegano, il bestione «gli dà sicurezza». E ti credo. Se per quello, un carrarmato Tigre gliene darebbe ancora di più, con un consumo di carburante più o meno uguale. Il problema è che la loro sicurezza è inversamente proporzionale a quella degli altri.

E qui sta il nocciolo della questione. I Suv sono come le pistole; e i guidatori di Suv sono come i possessori di pistole. Di per sé, le pistole non sono né buone né cattive: sono pezzi di ferro, che in determinate occasioni, maneggiate da personale esperto, possono rivelarsi utilissimi per preservare beni e persone. E chi possiede una pistola non è, per questo solo motivo, Dillinger. Ma quando hai una pistola in tasca, e hai qualche problema di tuo, ti scatta uno strano meccanismo. Ti senti, giustappunto, «sicuro». Nessuno può farti male. Al limite, sei tu che puoi far male agli altri. E ti trastulli con quell’idea.
Finché ti senti invincibile, pronto a sparare a tutti i cattivi del West, o al tipo che t’ha tagliato la strada. Tanto, a te chi t’ammazza? Ci hai la pistola.
Oppure ti senti invulnerabile, pronto a tagliare la strada tu a chiunque, compreso un autobus. Tanto, a te chi t’ammazza? Ci hai il Suv.
Quasi tutte le società civili convengono sull’utilità di dissuadere i cittadini dal portare armi senza validi motivi. Forse è il caso di cominciare a fare un pensierino anche sui Suv.

Sburk: caro Ferraris, io invece i suv li odio. E anche le armi.



MASSIMO GRAMELLINI
Le rose e le spine
Ore 16. La spazzatura a Napoli, la Santanchè candidato premier, Giuliano Ferrara ostetrica. Basta, voglio emigrare in una nazione civile del Nord Europa, tipo Svezia.
Ore 16,10. (Ansa-Reuters) STOCCOLMA. «Un liceo svedese ha vietato la vendita di rose nell’edificio il giorno di San Valentino per non rattristare gli studenti single».
Ore 16,11. Volevo emigrare in una nazione civile del Nord Europa, tipo Svezia. Mi sa che ho cambiato idea. Non urtare la suscettibilità degli altri è un principio sacrosanto, come cerco di ricordare ogni giorno all’automobilista che mi si piazza davanti al semaforo e, quando arriva la freccia verde per girare a destra, rimane immobile: tanto lui deve andare diritto, che gli importa di chi sta dietro. Però non accetto che la reazione ai problemi consista sempre in un divieto e mai in un aumento delle possibilità. La ragazza solitaria potrebbe riportare traumi gravissimi nel vedere la sua vicina di banco annusare la rosa del fidanzato? E allora la scuola faccia un accordo col fioraio dell’angolo e regali una rosa alla singolina, invece di proibirla all’innamorata.
Ore 16,40. Ho visto la faccia di Cesa in tv e sto cominciando a ripensarci. In fondo la Svezia è un grande Paese, quel liceo di strambi sarà sicuramente un’eccezione.
Ore 16,46. (Ansa-Reuters) STOCCOLMA. «Un asilo svedese ha vietato ai suoi dipendenti e agli alunni di indossare vestiti a righe o a pois perché provocherebbero emicranie ad alcuni membri del personale». Ore 16,47. Va bene, resto qua. Mi tengo la faccia di Cesa. E pure l’ostetrica.

Sburk: caro Gramellini, non c'è mica solo la Svezia, in Europa. E poi c'è anche tutto il resto del mondo.

Natale è tutto l'anno

O almeno fino al 28 febbraio, a Riparbella (PI). Infatti il loro famoso presepe animato (per saperne di più qui) opera di tutti i cittadini viene inaugurato il 24 dicembre ma rimane in mostra fino alla fine di febbraio.
Andiamo?
E buon natale a tutti!

A: Veltroni, Bertinotti e tutti i dirigenti del centro-sinistra

Caro Veltroni, caro Bertinotti, cari dirigenti del centro-sinistra tutti,
ora basta!
L'offensiva clericale contro le donne – spesso vera e propria crociata bigotta - ha raggiunto livelli intollerabili. Ma egualmente intollerabile appare la mancanza di reazione dello schieramento politico di centro-sinistra, che troppo spesso è addirittura condiscendenza.
Con l'oscena proposta di moratoria dell'aborto, che tratta le donne da assassine e boia, e la recente ingiunzione a rianimare i feti ultraprematuri anche contro la volontà della madre (malgrado la quasi certezza di menomazioni gravissime), i corpi delle donne sono tornati ad essere “cose”, terreno di scontro per il fanatismo religioso, oggetti sui quali esercitare potere.
Lo scorso 24 novembre centomila donne – completamente autorganizzate – hanno riempito le strade di Roma per denunciare la violenza sulle donne di una cultura patriarcale dura a morire. Queste aggressioni clericali e bigotte sono le ultime e più subdole forme della stessa violenza, mascherate dietro l’arroganza ipocrita di “difendere la vita”. Perciò non basta più, cari dirigenti del centro-sinistra, limitarsi a dire che la legge 194 non si tocca: essa è già nei fatti messa in discussione. Pretendiamo da voi una presa di posizione chiara e inequivocabile, che condanni senza mezzi termini tutti i tentativi – da qualunque pulpito provengano – di mettere a rischio l'autodeterminazione delle donne, faticosamente conquistata: il nostro diritto a dire la prima e l’ultima parola sul nostro corpo e sulle nostre gravidanze.
Esigiamo perciò che i vostri programmi (per essere anche nostri) siano espliciti: se di una revisione ha bisogno la 194 è quella di eliminare l'obiezione di coscienza, che sempre più spesso impedisce nei fatti di esercitare il nostro diritto; va resa immediatamente disponibile in tutta Italia la pillola abortiva (RU 486), perché a un dramma non debba aggiungersi una ormai evitabile sofferenza; va reso semplice e veloce l'accesso alla pillola del giorno dopo, insieme a serie campagne di contraccezione fin dalle scuole medie; va introdotto l'insegnamento dell'educazione sessuale fin dalle elementari; vanno realizzati programmi culturali e sociali di sostegno alle donne immigrate, e rafforzate le norme e i servizi a tutela della maternità (nel quadro di una politica capace di sradicare la piaga della precarietà del lavoro).
Questi sono per noi valori non negoziabili, sui quali non siamo più disposte a compromessi.

PRIME FIRMATARIE:
Simona Argentieri
Natalia Aspesi
Adriana Cavarero
Isabella Ferrari
Sabina Guzzanti
Margherita Hack
Fiorella Mannoia
Dacia Maraini
Alda Merini
Valeria Parrella
Lidia Ravera
Elisabetta Visalberghi

13.2.08

Fandango


Domenico Procacci è veramente un uomo sorprendente. Con quell'aria un po' timida, ha messo su una bella casa di distribuzione, curata e al passo coi tempi. Oh bravo! Ma mai mi sarei aspettata che per promuovere l'ultimo film da lui prodotto riuscisse persino ad arruolare la Chiesa intera con la C maiuscola. Complimenti.

Visti per voi

Ho fatto un giro su un blog chiamato MenteCritica e boh, non so, per ora mi astengo da giudizi. Ma questo post qui, sulla richiesta di invasione, mi sa che lo condivido e dico anche che preferirei che fossero gli spagnoli.

I feticisti sono avvisati

Reato di feticidio. Ma esiste questo reato? Me lo chiedo. E quanti anni ti danno? Così, tanto per sapere, per fare il paragone con altri reati che interessano meno in questo momento e in tutti gli altri, come ad esempio ... (ognuno secondo coscienza può metterci quello che vuole).

Mi chiedo anche: ma quell'anonimo che ha telefonato al giudice denunciando appunto un reato di feticidio, non è che intendesse omicidio di un feticista? Quel giudice gli ha chiesto chiarimenti all'anonimo signore (scusate se mi viene da pensare che fosse uomo)? Oppure è stata una classica telefonata anonima velocissima tipo "Feticidio in ospedale accorrete tu tu tu tu tu tuuuu"? Quindi un'innocente feticista potrebbe essere morto in qualche meandro dell'ospedale e nessuno lo sa, e la polizia invece a cercare un feto. E l'assassino del feticista a giro a cercarne altri di feticisti, mentre una donna appena uscita da una sala operatoria interrogata come presunta assassina.

E ora tutti ad applaudire Berlusconi che consiglia a Ferrara di fare marcia indietro sul suo partito per la vita o quel che è e di tenere in generale il dibattito sull'aborto lontano dalla campagna elettorale. Ci credo, siamo arrivati a un livello di assurdo e grottesco troppo elevato persino per lui, che scemo non è e sa che potrebbe rischiare di perdere un mucchio di voti se la sua destra venisse associata alla campagna anti-abortista di Ferrara. Devo anche dire che ha più fiducia lui negli italiani, di me.

8.2.08

Le perle de Il Tirreno

Il Tirreno, Martedì 5 febbraio 2008

Rissa tra ex dopo la discoteca
Lei l'ha visto uscire da un locale di Marina con la nuova fiamma
li ha seguiti fino a casa facendo irruzione nella camera da letto

PISA. Il fuoco della gelosia è divampato nel cuore di una livornese di 52 anni. Fiamme alte e divoratrici che in pochi istanti si sono impossessate della donna, accecandola e spingendola ad agire come forse non avrebbe mai fatto prima. La scintilla? Il suo ex abbracciato ad un'altra, una nuova conquista "esibita" fuori da una discoteca di Marina di Pisa sabato notte, intorno alle 4.
"Chi sarà mai quella misteriosa cinquantenne in atteggiamenti amorosi col mio ex?" si sarà chiesta la livornese. Difficile per lei riuscire a tollerare tanta intimità tra l'uomo che evidentemente ama ancora e "un'estranea". Fatalità (o forse no), sul lungo mare di Marina, quella notte, c'era anche lei. E di fronte a quella scena di effusioni non ha saputo resistere. La donna ha pedinato il suo ex, anche lui livornese di 51 anni, e la sua nuova fiamma, cinquantenne di Riparbella. E che terribile sorpresa scoprire che i due erano diretti a casa di lui, che vive in un fondo a Livorno. In un primo momento la ex ha osservato la scena a distanza, dalla sua auto. Ma quando ha visto che entrambi entravano nell'appartamento di lui, non ci ha visto più e ha deciso di entrare in azione. E che azione. Scesa dalla macchina, si è diretta decisa verso la porta d'ingresso, ma l'ha trovata chiusa. Allora senza pensarci due volte, ha tirato un vigoroso calcio nella parte bassa dell'uscio (una porta finestra) sfondando il vetro. Quindi, con la scaltrezza tipica di chi vuole a tutti costi ottenere qualcosa, ha infilato la mano nella fessura creatasi e ha così recuperato la chiave che era nella serratura. Aperta quindi la porta, ha fatto irruzione nella stanza dove i due si trovavano e ha iniziato a urlare e inveire. Intanto, alla vista di quella scena e soprattutto dello sguardo infuriato della livornese, la nuova conquista del conteso cinquantunenne s'è data a "precipitosa fuga". Non prima però di aver dato l'allarme alla polizia.
La livornese nel frattempo, scatenata, ha fatto valere le sue ragioni sull'ex e tra i due è scoppiata una lite che non si è fermata certo alle parole. Tanto che, quando la polizia è arrivata sul posto con gli agenti delle volanti, ha trovato i due ex che si prendevano a pugni. In più, la 52enne aveva anche un taglio alla mano sinistra.
I poliziotti hanno raccolto le testimonianze dei due e hanno cercato di riportare la pace nell'abitazione, dove era ancora possibile respirare i densi fumi di rabbia mista a gelosia: un'impresa non facile dopo una simile sfuriata. La polizia ha informato i contendenti della possibilità di procedere a querela di parte. (l.l.)

Cineroom



Cliccando sul titolo di questo post si va su un blog di cinema. Il blog è molto wendersiano, oltre ad avere un WWW - Wim Wenders Week - la foto del blog è una Nastassja Kinski di Paris, Texas. Ho anche scoperto un film di Wenders di cui non avevo mai sentito parlare, I fratelli Skladanowsky (andare sul blog per vedere di cosa si tratta, se si vuole). Si scorre il blog e si inciampa nel manifesto di Alice nelle città. Alice nelle città. Che bello! E' il primo film di Wenders che ho visto, in lingua originale sottotitolato. Non ricordo chi mi ci portò ma sapevo che mi sarebbe dovuto piacere e che dopo la visione avrei dovuto dire che mi era piaciuto molto, anche se non ci avevo capito niente. E così andò, pari pari. Seguii probabilmente la stessa persona a vedere anche La paura del portiere prima del calcio di rigore, e così via, non me ne sono perso uno, tutti quelli più wendersiani e poi quelli più americani. Rivedendo il manifesto di Alice nelle città, ho capito che è lì che è cominciato tutto. E' tutta colpa di Wenders. Metti caso mi avessere portato a vedere Cara mammina e avessi dovuto dire che mi era piaciuto. Che persona sarei oggi?

Ok. Fine delle rimembranze. In realtà volevo segnalare questo blog perché fa una campagna di protesta contro la traduzione dei titoli dei film in italiano. Se ne è già parlato. E' un po' una mia fissa (e di molti altri). Rimanere a bocca aperta davanti a delle traduzioni insensate dei titoli di film. Un esempio per tutti rimane Eternal sunshine of the spotless mind che in italiano è diventato Se mi lasci ti cancello. Effettivamente era un po' difficile da tradurre (il sole eterno della mente immacolata) e lasciarlo in inglese così lungo, non se lo sarebbe ricordato mai nessuno. Però si poteva sicuramente fare meglio.
Beh, ho cambiato idea.
Che vita sarebbe senza le traduzioni assurde in italiano dei titoli dei film stranieri?
Pensateci mentre leggete questi esempi tratti appunto dal blog nel titolo e altrove.

There will be blood - Il petroliere
Before the devil knows your dead - Onora il padre e la madre
King of California - Alla scoperta di Charlie
My blueberry nights - Un bacio romantico (è di Wong Kar Wai)
Intolerable cruelty - Prima ti sposo poi ti rovino
Walk the line - Quando l'amore brucia l'anima
Short cuts - America oggi
Road to perdition - Era mio padre
...


In realtà volevo scrivere un post su Cous Cous, ma mi è venuto fuori questo.

6.2.08

Si va?


Che poi i colori del manifesto stanno benissimo, ma proprio tanto, col nuovo look del mio blog.

5.2.08

Irina Palm



La tipa qua sopra, non sembra, ma in realtà è una fantastica nonnina, che non va d'accordo con la nuora, ha un buon rapporto col figlio ma soprattutto adora il nipotino. Il nipotino purtroppo ha una rarissima malattia (mai chiaramente specificata) che si può curare solo dall'altro capo del mondo: in Australia, mentre i nostri stanno vicino Londra. Hanno già venduto tutto il vendibile e nessuna banca ha intensione di dargli un prestito. La nonnina qua sopra è disperata, e molto ingenua, non ha un passato come non so, per esempio Marianne Faithfull, e quando vede fuori da un locale palesemente a luci rosse anche perché si trova nel quartiere a luci rosse l'annuncio cercasi hostess va dentro e chiede di avere il lavoro, pensando comportasse pulire e servire il tè. Il tenebroso manager del locale la fa tornare coi piedi per terra e notando che la nonnina ha delle belle e morbide mani le propone comunque un lavoro, prettamente manuale. Ed ecco che la nonnina si trasforma nella famosissima Irina Palm.
Non vi racconto altro.
Anche perché l'hanno visto tutti.
Marianne Faithfull e Miki Manojlovic (attore Kusturicano, Underground, Papà è in viaggio d'affari) sono veramente bravi e il film secondo me si discosta dal filone inglese cominciato con Full Monty e passato per L'erba di Grace. Pur rimanendo una commedia ha un qualcosa di Ken Loach che non ti fa mai rilassare, insomma non è detto che finisca bene.
Il film l'ho visto in un piccolo cinema. Era stracolmo. Una signora arriva in ritardo, il film era già iniziato, e fa alzare tutta la mia fila per sedersi nel mezzo. E già qui ci sono stati dei commenti sottovoce. Poi, la signora, come se niente fosse, tira fuori un pacchetto di patatine. Eh eh... vi lascio immaginare i commenti. Divertente. Che bello andare al cinema.

4.2.08

Dice Giovanni De Mauro



... su Internazionale, uscito venerdì.

"Marmotta
Sabato prossimo è il giorno della marmotta. In quello che molti considerano giustamente un capolavoro assoluto della cinematografia contemporanea, Ricomincio da capo, Bill Murray è un giornalista televisivo che viene spedito a Punxsutawney, in Pennsylvania, per un reportage. Il 2 febbraio la marmotta Phil si sveglia dal letargo e esce dalla tana. A seconda del suo comportamento, si capisce se l'inverno durerà altre sei settimane oppure no. Ma arrivato a Punxsutawney, Bill Murray si trova intrappolato in un loop temporale, un incubo senza fine. Il tempo si è bloccato: ogni giorno è il 2 febbraio, la sveglia suona alle sei in punto e dalla radio esce I got you babe. Ogni giorno succedono esattamente le stesse cose, ogni giorno si ripete uguale a quello precedente, senza che Bill Murray riesca a impedirlo. Prodi-Berlusconi-Prodi-Berlusconi: da quindici anni in Italia è il giorno della marmotta."

Anche The Rocky Horror Picture Show si svolgeva in Pennsylvania.

I got you rimane una bella canzone, anche dentro il loop temporale. Poteva andargli veramente molto peggio, a Bill Murray.

Ricomincio da capo è un film del 1993 il cui titolo è rimasto invariato, in inglese è Groundhog Day, preciso preciso. Il protagonista è Bill Murray. Bill Murray è un grande. Ha fatto tutti i film di Wes Anderson, o almeno tutti quelli che ho visto io, trailer compresi (The Darjeeling Limited non l'ho visto ancora); poi è stato Polonio, John Bosley, ha cantato in Coffee and Cigarettes, ed era in Lost in Translation, Tootsie, La Piccola Bottega degli Orrori e naturalmente Ghost Busters. Insomma mica male. Leggevo che Bill Murray non ha un agente, no viaggia con segretari, truccatori etc e non fa troppi film. Bill Murray, oltre a essere oggi il mio attore preferito, sembra una di quelle persone che ti fa piacere averle a cena, quelle persone che ti mettono di buon umore, ti rilassano, ci fai due chiacchiere, e decidi di andarci in vacanza, anche in Giappone, no? Viva Bill Murray.

Per tutti i fan di Bill Murray là fuori:
The Bill Murray Appreciation Society Movie Soundtrack Compilation Podcast
che include il famosissimo Life on Mars in brasiliano. Accorrete.

Da grande farò il pubblicitario

Una serie di pubblicità niente male (via inkiostro come anche questa libreria qua sotto, onemorebook, che si allarga, davvero, se continui a infilarci i libri).

O dov'è quel bel tir

Dall'articolo di Saviano su Repubblica di oggi "L'anima perduta nella monnezza di Napoli".

Chi gestiva le discariche non rispettava i limiti, né le regole riguardo alle tipologie. Somiglianti più a buche fatte male che a strutture per lo sversamento, le discariche si riempivano di percolato divenendo laghi ricolmi di un frullato di schifezze, fogne a cielo a aperto. E così si sono riempite presto, e non solo di rifiuti urbani. Scavare crateri enormi, portare giù il camion e poi, uscito il conducente, saldare le porte del tir e sotterrare: era un classico. Un modo per non toccare i rifiuti nemmeno con un dito. Il tutto dava un guadagno talmente alto da poter sacrificare, intombandoli, interi tir. A Pianura, racconta la gente, c'è persino una carcassa di balena, e a Parete pacchi e pacchi di vecchie lire.