29.12.08

To fly along the faraway


Si legge male? C'è scritto così (lo giuro - andate a vedere):
I see this land, feel the press under my feet. And is my land. It is a land that loves silence, as I love myself. And if I break this silence with my voice to make do homage to these places and my people.
The music penetrates the earth, and fly along the faraway. It is message of love.


Lo so. Uno si schianta dal ridere.
Ma questo cartello, che se ne pensi quello che si vuole delle parole, sta all'ingresso del Teatro del Silenzio, teatro all'aperto in mezzo alla bellissima campagna di Lajatico, che ospita artisti internazionale, voluto da un italiano famoso nel mondo. Che evidentemente non ha imparato l'inglese e continua testardo a non usare neanche un interprete decente. Si vede pensa che la musica sia un linguaggio universale e quando va a New York se gli viene voglia di un doughnut al venditore per chiederglielo gli canta un'aria di Puccini. E quello evidentemente capisce!
E poi: ma possibile che nessuno glielo abbia fatto notare?

Calendari 2009


Questo 2008 sta per finire. E non so per voi, ma da queste parti il 2008 ha avuto il suo peso. Sarà stato quel 29 febbraio in più, non so. Fatto sta che ieri alla radio ho sentito che questo 2008 durerà un secondo di più, devono ricalibrare l'ora perché la terra ha preso a girare più piano, o qualcosa del genere. Questo 2008 sta chiaramente facendo di tutto per rimanere. Ma neanche lui ha scampo, arriverà il 2009 che lo butterà fuori. Io sto col 2009.
Durante queste feste mi sono arrivati una serie di calendari. Tutti belli. Tutti personali.
Anche mia zia che ogni anno da quando son nata mi manda il calendario della Nuova Zelanda ha preso a farlo personale, cioè ci appiccica le foto che fa, perchè alla tenera età di 81 anni mia zia si è iscritta al club della fotografia. Ma questo non è niente, mia zia mi scrive le email ed io le mando le foto su picasa e lei mi ci fa i commenti (purtroppo non sa l'italiano e non può commentarmi sul blog altrimenti vedreste voi). Mia zia è avanti, non solo con l'età. In realtà, in famiglia si mormora che il nuovo stile personale del tradizionale calendario sia venuto alla ribalta solo per motivi di tirchiaggine, soliti parenti serpenti, ma comunque sia il suo calendario per noi è un must e un anno che ci arrivò in ritardo eravamo preoccupatissimi e per sua immensa gioia le scrivemmo. Forse lo fece apposta. Perché le si scrivesse. Non le scriviamo mai. Ma le vogliamo un gran bene e questo lei lo sa. Si dice sempre così.
Il calendario di mia zia quindi è cambiato anche nel formato, è diventato più piccolo e quindi gli ho cambiato di posto e all'ingresso della cucina c'ho messo il secondo calendario personale che ho ricevuto, quello delle vacanze in barca che quest'anno non ho fatto. Tanto per ricordarmi in ogni fotografia che io appunto non c'ero e che sbagliai clamorosamente a non esserci; e forse anche per ricordarmi di non sbagliare di nuovo. Gli ho dato il posto d'onore, lì il calendario ci sta da sempre ed è quello sul quale ogni tanto mi ricordo di scriverci le cose che mi devo ricordare di ricordare, solo perché il calendario delle mie non-vacanze è delle stesse dimensioni del vecchio calendario di mia zia. Il calendario di mia zia, è piccolino, ancora non so dove lo metterò ma un posto glielo trovo.
Il terzo calendario è un calendario anche quello di fotografie. Fotografie di attori e registi famosi circondati da pisani famosi: tutti gli amici di E. l'autrice del calendario. Io sono a dicembre insieme a Visconti, scusate se poco, e porto uno scialle di ermellino. Sintetico, cosa credete. Le dimensioni di questo calendario sono large e ancora non gli ho trovato il posto, per ora sta appeso a una finestra.
Però dopo 2 anni ho appeso il quadro di Bart. Anche lui quest'anno ha fatto un calendario. Se l'è beccato il mio coinquilino. Lui lo appenderà in camera sua senza farsi tutti i miei scrupoli.
E infine c'è il calendario di Gipi che è uscito insieme all'ultimo numero dell'anno di Internazionale. Accorrete pure voi a comprarlo e poi ditemi dove l'avete appeso. Vi dirò chi siete.
Insomma tutti questi calendari.
Cosa vorrà dire?
Un altro anno invadente che non sai neanche dove metterlo?
Un anno con tante cose da dire?
Un anno con tanti impegni?
Un anno creativo?
Un anno che ce n'è un po' per tutti i gusti?
Un anno che già nel 2008 ti dice eccomi che arrivo (chissà come farà il 2010 a scansarlo)?
Un anno che un po' quindi mi ha già un po' rotto?
Che dovrei fare anch'io un calendario?
Chissà.
Buon anno a tutti.

23.12.08

Non so voi


... ma io e certe persone ci ritroviamo nello stesso negozio a comprare LMVDM. E in coda aspettando le nostre copie da regalare a destra e a manca ci preoccupiamo 1. che non le stiamo regalando alle stesse persone e 2. che i libri di Gipi stanno andando esaurendosi.
Altre persone invece, le trovo nello stesso negozio e ne hanno fatto mambassa, dei libri di Gipi,lasciando solo sullo scaffale Hanno ritrovato la macchina, e ti consigliano candidamente di comprare Maus di Art Spiegelmen. Ti dicono: gli piace sicuramente, e intanto hanno sotto braccia sette libri di Gipi, S. compreso.
Non so se rendo l'idea.

19.12.08

Due tipi che mi piacciono parecchio

E uno è pure mio amico (quale? non quello che ultimamente è di tutti amico).
Istuzioni per l'uso: cliccare sul titolo.

Anche lui, perché no


Qui, c'è il sito di Ascanio Celestini.
Uno che ci sta simpatico.
Però gli voglio fare un appunto:
Foto tue con espressioni facciali diverse non ce l'hai?
Ti rispondo io, tranquillo:
Ce l'hai, vedi, io l'ho trovata.

18.12.08

Trattavasi di fortuna del principiante


Per la terza volta torno alla lavenderia a gettoni. La solita.
Ci sono tornata per quel motivo. Il solito.
Che non vi preoccupate non si ripresenterà più perché come da tradizione qualcuno verrà abbandonato sull'autostrada, o sulla FIPILI. Ci sto pensando.
Sono anche bella carica 'sta volta: 2 piumini e una coperta.
Lei s'è data da fare.
Decido di sperimentare. Diciamo che sono costretta. Uno dei piumini non entra nella lavatrice normale e lo devo mettere in quella per i carichi grossi, due gettoni invece di uno.
La lavanderia è deserta, ed io decido di farmi un giro durante il lavaggio, mi ci fermerò dopo, durante l'asciugatura.
Quando torno, ancora non c'è nessuno, la coperta e il piuminio di dimensioni normali hanno finito il loro ciclo. Il piumino esagerato no.
Poi sì.
Ma non mi convince.
Sembra bagnatissimo.
Aspetto un po'.
Ma il display dice: Fine ciclo aprire lo sportello.
Non ho scelta.
E infatti non ha fatto la centrifuga. E' bagnatissimo. Cioè zuppo. E soprattutto pesantissimo. Con tutta la forza che ho, poca, lo tiro fuori dalla lavatrice e lo metto nell'asciugatrice, c'è acqua da per tutto, e soprattutto addosso a me.
Phew! Meno male che non c'è nessuno.
L'asciugatrice, deboluccia anche lei, non ce la fa con un ciclo ad asciugarlo, ma proprio per niente, e quindi gliene faccio fare un altro. Mi faccio i conti e mi chiedo se davvero si risparmia a venire qui.
Soprattutto se non entra nessuno e poi io non ho spunti per i miei post.
Farò un indagine di mercato e di mappa e sperimenterò una nuova lavanderia.
Ah già, ma dopo natale non ne avrò più bisogno.

15.12.08

Dice Gianni Rodari

Il dittatore

Un punto piccoletto,
superbioso e iracondo
"Dopo di me- gridava -
verrà la fine del mondo!"
Le parole protestarono:
"Ma che grilli ha pel capo?
Si crede un Punto-e-basta,
e non è che un Punto-e-a-capo".
Tutto solo a mezza pagina
lo piantarono in asso,
e il mondo continuò
una riga più in basso.

12.12.08

Dice Mimma Gallina

... riteniamo si possa e si debba procedere comunque disegnando il proprio cartellone ideale e, a partire da quello, affrontare i compromessi inevitabili: qualcosa del progetto iniziale forse resterà, mentre difficilmente riusciremo a raggiungere un'idea partendo dal compromesso.

11.12.08

Dai!

"So many books so little time" è di Frank Zappa?

Usanze e costumi



qui

Gramellini su La Stampa di oggi

Ho sentito stralci di questo editoriale stamani alla rassegna stampa di Radio Popolare. E' un argomento a cui penso spesso, e mi sono sempre chiesta se sono io che sono diventata negli anni più insofferente (o più nervosa) alle arrabbiature degli altri, o se davvero in generale siamo tutti diventati più intolleranti, meno rispettosi, più agressivi, negli ultimi anni, cioè da quando la politica è diventata quella che è.
Mi aspettavo di più dall'articolo di Gramellini. Ma come sempre si fa leggere.
Sempre su La Stampa c'è anche un articolo di Flavia Amabile sempre sul nostro grado di irritabilità.

Eravamo nervosi
Nel traffico di ieri mattina ho visto due donne giovani ed eleganti scendere dai rispettivi carri armati per insultarsi sanguinosamente riguardo a non so quale diritto stradale o feudale di precedenza. Gli occhi, in particolare, erano uno spettacolo spaventoso: dilatati in un’espressione stravolta, tipica di chi ha abusato di sostanze psicotrope o ha perso la misura reale delle cose. Asserragliato nella mia vettura, ho dirottato lo sguardo sulla prima pagina del nostro giornale, dove uno dei ragazzi che nel fine settimana devastarono per puro sfizio la stazione di Avigliana confessava: «Eravamo nervosi. E allora?».

E allora ci si chiede da dove arrivi questo virus esistenziale che rende tutti così suscettibili di fronte a ogni minimo attentato all’amor proprio. Le cronache sono un rosario senza fine di delitti e baruffe, familiari e condominiali. Laddove esiste l’obbligo della convivenza o della vicinanza, l’essere umano esplode in reazioni sproporzionate. Ci si prende a pugni, e talvolta a pistolettate, per un cane che abbaia, una frase sgarbata, un’auto parcheggiata male. Ultime gocce di un bicchiere riempito ogni giorno, oltre che da troppo alcol, da un distillare di dispetti e rancori.

Futili motivi, si dice in questi casi. Ma è futile anche continuare ad attribuirne la colpa ai soliti sospetti: la noia, lo stress, l’aggressività, il consumo eccessivo di carne, l’inquinamento acustico e atmosferico. Tranne l’ultimo, questi demoni sono sempre esistiti. E non basta dire che un tempo venivano convogliati nella macelleria collettiva della guerra. Come non basta scaricarne il peso sul solito capro espiatorio: la società. Qui sono nervosi i ricchi e i poveri, anzi, i ricchi più dei poveri. Sono nervosi gli abitanti delle periferie anonime e quelli dei luoghi turistici. Sono nervosi gli assunti e i licenziati, i single e gli sposati, i creativi e i burocrati, i colti e gli ignoranti. La spiegazione sociologica diventa un alibi per espellere un problema che invece sta dentro di noi.

«Lei non sa chi sono io», è la classica frase dell’isterico in azione. Ma forse andrebbe cambiata in: «Io non so chi sono io». Questa rabbia senza passione, infatti, è la forma di rassicurazione di un ego sempre più debole e infelice. Un ego spaventato dal futuro e bisognoso di attestati, a cui le piazze sociali di Internet hanno fornito una sterminata passerella, che si pone al centro del mondo ed esalta il potere volatile delle emozioni, sostituendole ai sentimenti e a quella suprema affermazione di sé che consiste nel sapersi controllare sotto pressione. Un ego che, non essendo in grado di stimarsi da solo, ha perennemente bisogno di conferme, e non riuscendo ad averle, le cerca nella prevaricazione del prossimo. Per riuscire a sentirsi alto, deve per forza abbassare gli altri. E poiché non si rispetta, interpreta ogni gesto sfavorevole come una mancanza di rispetto nei suoi confronti.

La felicità, dice il saggio, consiste nel desiderare ciò che si ha. Mentre troppi desiderano ciò che non hanno e si sentono dei falliti o delle vittime se non riescono a raggiungerlo. Da qui il paradosso di persone che digeriscono senza fare una piega ingiustizie e drammi autentici, come la perdita del posto o lo sfascio di una famiglia, ma reagiscono in modo scomposto perché un passante in bicicletta ha osato sfiorare la punta dei loro mocassini.

C’è un altro paradosso: ormai gli scoppi d’ira avvengono più nel tempo libero che in quello lavorativo, in casa o per strada più che in ufficio. Come se solo gli ambienti di lavoro conservassero ancora quel minimo di regole gerarchiche che riescono a tenere a bada gli istinti primordiali. E come se persino i maschi avessero affidato al tempo libero, e non più al lavoro, il compito di misurare il loro valore.

10.12.08

Fuori e dentro la TV


Mi sono appassionata a 24. Quella serie partita nel 2001 e che ora è arrivata tipo alla settima stagione o giù di lì. Io mi ci sono appassionata la scorsa settimana. Perché io faccio parte di quegli insopportabili snob, lo confesso, che se una cosa va di moda, che se una cosa se ne parla molto, anche negli ambienti alternativi (aha aha ambienti alternativi, snobbissimo, ora vomito, e non lo cancello perché devo espiare), io non la compro, non la guardo, non la leggo, non la ascolto. Magari qualche anno dopo. Feci così anche con i Nirvana, poi Cobain morì, diventarono un gruppo cult, e non lo puoi proprio dire che ti piacciono i Nirvana. I Nirvana saranno sempre di moda. Povero Cobain.
Ma parlavo di 24. Dire che mi ci sono appassionata non rende l'idea. Mi ci sono fissata, me lo sogno la notte, e sono incubi, programmo la mia giornata intorno a un paio di puntate almeno, mi voglio fidanzare con Jack Bauer, Jack Bauer può tutto e non è un supereroe. Ieri sera ho toccato il fondo: non l'ho guardato perché sentivo che le 24 ore (sempre quelle) che mi avevano separato dalla precedente visione mi avevano in qualche modo disintossicata e non volevo ricadere nel loop, non volevo riavere gli incubi. Comunque mi mancano cinque puntate da guardare per finire la seconda serie e poi almeno per un po' smetto. Chi mi vuole male mi faccia trovare casualmente un DVD con tutta la terza stagione.
Comunque per chi non lo sapesse, 24 si chiama 24 perché tutta una serie è fatta di 24 puntate di un'ora (compresi gli intervalli pubblicitari) e gli eventi del telefilm avvengono in tempo reale. Il protagonista, lui, Jack Bauer, lavora più o meno per il CTU - counter terrorist unit e in ogni serie, o almeno nelle due che ho visto il CTU e Jack Bauer sono alle prese con delle emergenze pazzesche, tipo bombe nucleari o giù di lì. Un altro protagonista, almeno nelle prime due serie, è un politico americano che nella prima serie corre per le presidenziali e nella seconda è il presidente degli Stati Uniti. E' un politico fantastico, bravo, intelligente, umano, che prende tempo, che pensa con la sua testa, onesto, onestissimo da imbarazzo, peggio di Gipi, che fa sempre la scelta giusta, pensa con la sua testa, distingue i buoni dai cattivi, non scende a compromessi. Insomma un alieno. E nero. Un presidente americano nero, il primo, anche nel mondo inventato di 24.
La prima serie, in cui David Palmer, così si chiama, vince le primarie, l'ho guardata mentre Obama vinceva le elezioni. Mi sono commossa al suo discorso di vittoria delle primarie come mi sono commossa al discorso di vittoria delle elezioni di Obama (e qui si potrebbe aprire una parentesi infinita) (oh! io mi commuovo facilmente per queste cavolate) (poi è un periodo che mi commuovo ancora più facilmente, e ora arriva anche il natale).
Guardando la seconda serie mi sono chiesta: 24 avrà contribuito a mettere nella testa degli americani che un presidente nero era davvero una possibilità e una possibilità di politico diverso (onesto, pacifico, etc...)? Barak Obama si sarà ispirato a 24 per decidere il corso della sua vita e i suoi discorsi elettorali?

7.12.08

Su Internazionale

... c'è una nuova rubrica. All'ultima pagina, quella con le vignette, al posto di bushismi ora c'è obama ti ama. Quella di questa settimana è:
Obama viene a guardarti il gatto quando tu vai in vacanza.

C'ho riprovato e sono stata meno fortunata

Sono tornata alla lavanderia a gettoni. Questa volta sono andata non solo per asciugare ma anche per lavare: due coperte che avevano avuto il solito trattamento da una degli animali con cui abito. Quindi avevo ben 60 minuti a disposizione.
Arrivo: non c'è nessuno.
Poco dopo entrano una coppia di orientali. Infilano i vestiti in due asciugatrici e se ne vanno.
Poco dopo entra un barbone che si mette a mangiare al caldo.
Poco dopo mi fa: bel mondo hai visto.
Dopo 30 minuti me ne vado.
Dopo 30 minuti ritorno per prendere le due coperte asciugate, una è ancora un po' umida.
Il barbone dorme.

3.12.08

E di passaggio qualche film




I'm not there.
Dice sia un film su Bob Dylan.
E in effetti ci sono un mucchio di sue canzoni.
E poi ci sono ben sei attori attori che lo impersonano.
Sei attori tutti strabilianti.
E Cate Blanchet gli somiglia pure, a Bob Dylan. Davvero.
Nessuno di loro però si chiama Bob; ma si chiamano Jude, Woody, Jack, Billy, Arthur, Robbie.
Insomma un film sull'identità, soprattutto.
Non c'ho capito niente.
Ma mi è piaciuto molto.
Molto bella anche la colonna sonora, con le canzoni di Bob Dylan interpretate tra gli altri da Cat Power, Eddie Vedder, i Calexico, etc.
Mi è piaciuto molto.
Ma non c'ho capito niente.
Quindi lo rivedrei volentieri.

The Pusher. E' il titolo in italiano. Mentre quello inglese è Layer Cake. Che vorrebbe dire la vita fatta a strati, che uno si arrampica da uno strato all'altro. Il film parla di uno spacciatore signore, Daniel Craig, di cui si parla si parla e non l'avevo mai visto in azione. Bah. Il film, inglese, è pieno di colpi di scena che a un certo punto non ci capisci più niente, ma a differenza di altri film del genere, tipo Snatch, dove anche se non riuscivi a stare dietro ad ogni cambio di rotta e non ci capivi niente era uguale, in The Pusher, senti che dovresti capire.

E poi finalmente ho rimesso piede in un cinema.
Qualcuno con cui correre. Film tratto da un romanzo di Grossman. Protagonista un cane, una labrador, attrice fantastica e bellissima. E' il cane che collega le vice, Dinka, che andando alla ricerca della sua padrona ci fa fare un bel giro della città israeliana portandosi dietro un ragazzo che suo malgrado entrerà in contatto con tutte le persone che ha incrociato la padrona del cane. Lei, a sua volta è alla ricerca di qualcos'altro. Un gran cercarsi. Ben girato, ben cantato, ben recitato. Un paio di doppiatori parlano in romanesco... ma va beh.

2.12.08

Cavoli rossi



Il primo alberello della stagione...

Cavoli nostri

Conversazione tra un membro di un GAS milanese e uno pisano.

- poi l'ultima volta il cavolo romano.
- cavolo romano? non conosco.
- una roba che sembra arrivata dagli abissi marini.
- io c'ho sempre un cavolo cinese in frigo.

28.11.08

Io e Il Tirreno

Anche Il Tirreno ha parlato della serata sul pesce che si è tenuta a Rebeldia. Mi sa che io mi ci sono divertita di più; e Monica Zoppé citata nell'articolo non c'era (ma per essere onesti, era presente ad una riunione dove i pescatori della cooperativa hanno illustrato il loro lavoro).
Ecco l'articolo:


VENERDÌ, 28 NOVEMBRE 2008

Pagina 1 - Pisa

A tavola pesce fresco rispettando l’ambiente

Convenzione tra il gruppo acquisto solidale e “Mare Nostrum”




PISA. Il pesce come non l’avete mai mangiato. Con questa formula si
potrebbe sintetizzare la nuova iniziativa del Gruppo di Acquisto Solidale
di Pisa che, grazie alla nuova collaborazione con la cooperativa di
pescatori viareggini, Mare Nostrum, potrà fornire periodicamente alle
famiglie che aderiscono al Gas pesce fresco e anche qualche buon
consiglio su come cucinarlo.
È importante continuare a diffondere un modo di produzione e consumo del
cibo che sia sostenibile per l’ambiente», sostiene Monica Zoppè del Gas
Pisa. Ma il fine è anche quello di diffondere la cultura del pesce fra
chi ormai lo identifica solo con 4 o 5 specie. «Infatti, grazie ai
pescatori di Mare Nostrum, siamo venuti a conoscenza di molti pesci che
non sapevamo nemmeno che esistessero», continua Zoppè.
La cooperativa Mare Nostrum è nata nel 2000 a Viareggio, ha 32 soci e 27
imbarcazioni. Paolo Costa, uno dei soci-pescatori, spiega che «peschiamo
ogni tipo di pesce, ma ci guardiamo bene dal praticare la pesca a
strascico che tanti danni fa al mare ed ai suoi abitanti. Il mare è un
ambiente molto delicato e negli ultimi dieci anni si è deteriorato molto.
Infatti se 10 anni fa in un giorno di lavoro pescavamo una determinata
quantità di pesce, oggi per pescarne la stessa quantità ci mettiamo una
settimana. Questo perché il pesce è diminuito a causa di inquinamento e
supersfruttamento del patrimonio ittico. Per non parlare della pesca a
strascico. Noi non la pratichiamo, ma di notte, senza nessun controllo,
molti la fanno”. Quindi chi aderisce al Gas di Pisa
(http://gasp.versacrum.com/) potrà avere la sicurezza di comprare pesce
fresco, di risparmiare sul prezzo grazie alla distribuzione diretta del
prodotto al consumatore e anche di sostenere un modello di pesca meno
devastante di quello praticato a livello industriale. Inoltre potrà
conoscere meglio la variegata molteplicità delle specie ittiche e qualche
buona ricetta per cucinarlo meglio. «Nei nostri mari ci sono 350 tipi di
pesce, ma noi ne conosciamo solo 25 al massimo - afferma Maurizio
Acampora, presidente della cooperativa -. La colpa spesso è dei
ristoratori che richiedono solo le stesse 5 o 6 qualità perchè è più
facile metterle sul mercato. Però è un peccato perchè ogni pesce ha un
sapore diverso». Proprio per questo Mare Nostrum ha attivato con
finanziamenti della Regione anche una scuola estiva di cucina a Viareggio,
proprio basata sul pesce, e sta attivando altre iniziative in altre città
della Toscana, grazie al rapporto consolidato con ristoratori, pescherie e
altri Gas (Lucca, Pontedera, Calci, ecc.).
Marcello Cella

Ancora a teatro



LUI era perfettamente a suo agio davanti alla piccola folla venuta ad assistere allo spettacolo. Vestiva i suoi vestiti migliori anche se il luogo poteva supporre anche qualcosa di più casual. I suoi assistenti, gli attori non protagonisti, erano disposti in posizione strategica pronti per ogni evenienza. LUI con calma aveva disposto le sue armi e le sue vittime in ordine davanti a sé e davanti alla folla. Tra NOI e LUI un lungo tavolo con tutto quello che serviva.
La sala era poco illuminata, ma LUI non sembrava farci caso. Sapeva che sarebbe stato comunque nella luce. Un faretto è stato tuttavia indirizzato sulla sua figura.
LUI non si presenta. Presenta invece le sue vittime: un cefalo, un sugherino, un'ombrina, una gallinella, una torpedine e una razza. E dopo esaurienti descrizioni degli attori non protagonisti su vita morte e miracoli di queste vittime (per esempio, sembra una stupidaggine ma non c'avevo mai pensato, i pesci coltivati hanno tutti lo stesso sapore perché viene dato a tutti, che siamo orate o spigole, lo stesso mangime, mentre quelli pescati naturalmente hanno un'alimentazione varia; ma lo sapete che per farli riprodurre, per stimolarli, ai pesci coltivati gli danno gli ormoni del cavallo?),
LUI dice: Quando un pesce è fresco rimane sulle mani questa specie, questa specie... di bava.
Applauso entusiasta, soprattutto del pubblico femminile.
LUI dice alzando il cefalo: naturalmente un pesce più fresco è più è rigido e non puzza.
LUI dice: il pesce non puzza.
Un ooooooh entusiasta del pubblico soprattutto femminile.
LUI quindi tira fuori la sua prima arma, un desquamatore, e procede a togliere tutte le squame dal cefalo; la gallinella invece ne ha pochissime solo sulla coda, anche il sugherino, l'ombrina invece di più.
Le armi LUI le tiene in una valigetta, di metallo, un po' in penombra, dietro di sé.
LUI quindi tira fuori la sua seconda arma, quella fondamentale, quella che uno come lui se la porta sempre dietro, quella personale, quella scelta con cura, quella affilata, un coltello: non è grande ed è del tipo rigido (LUI dice: preferisco questo rigido, ma ognuno deve scegliere il suo) e ha l'impugnatura blu.
LUI senza pietà sventra il cefalo, un taglio netto, sicuro, senza inutili spargimenti di sangue, da qui a qui. LUI dice: pulire bene il pesce da tutto il sangue. LUI non butta via tutte le interiora, il fegato per esempio si può magiare.
Poi le luci si abbassano. Arriva il momento più delicato: la sfilettatura.
Ma LUI conosce bene il suo mestiere, le sue mani non tremano, non c'è un filo di sudore sulla sua fronte, potrebbe farlo ad occhi chiusi, ma non ha intenzione di fare lo sborone, è uno sobrio LUI, pacato, non appariscente LUI.
LUI dice: il pesce si può sfilettare in due modi, così, seguendo la lisca e facendo attenzione a seguirne la forma e in particolare la gobbina della spina dorsale; oppure così entrando da dietro le branchie.
Tsa-Tsa. Fatto.
LUI non butta via niente, lische, teste servono a fare il brodo con la cipolla e la carota e poco poco sedano.
LUI sotto i nostri occhi ci prepara uno spaghettino cotto nel brodo con tocchettini di cefalo senza olio e senza sale per trenta persone, buonissimissimo.
LUI dice: il sale no nel pesce. Bisogna imparare di nuovo a sentire i veri sapori.
LUI dice: il pesce alla griglia no. Tutto quello cotto alla griglia sa di griglia. Bisogna imparare a sentire di nuovo i sapori veri.
LUI sotto i nostri occhi ci prepara un piattino con carpaccio di pesce crudo con arancia, fettina di pesce saltata un attimo in padella senza niente con radicchio saltato in padella con sale (con saleee!?!!, oh), tocchetti di pesce cotto al micronde con purè di patate e broccolo, per trenta persone, buonissimissimo.
LUI dice: si sa, quando il pesce è fresco, meno ci si fa meglio è.
LUI dice: bisogna riscoprire i pesci poveri, quelli di cui i nostri mari sono pieni.
LUI dice: basta con questi pesci di moda, le orate, le spigole, che infatti sono scomparsi dai nostri mari.
Applausi. Applausi scorscianti. Lancio di fiori sul palco. Bis. Bis. Bis.
LUI dice: per sbucciare le cicale basta metterle una mezzoretta in freezer.
LUI dice: le cicale sono molto saporite e molto buone anche crude.
Ancora applausi. Ancora svenimenti tra le prime file. Un pigia pigia per l'autografo.
La prossima tappa della turné del cuoco-frangi-palati-e-cuori rimane tuttora avvolta nel mistero.

27.11.08

La musicale gioventù


Il mio giovane coinquilino mi dice che la musica ora si ascolta qui, lui ci ha scoperto i Presidents of the United States of America.
Purtroppo non è proprio come Pandora, ma anche questo sito funziona che gli dici il nome di un artista e lui ti fa ascoltare altra musica simile. Pandora spaziava molto di più. Per esempio, io su last.fm gli ho dato Rachael Yamagata ed è tutto il giorno che ascolto solo cantautrici e di Yamagata anche pochino. Però a differenza di Pandora, c'è anche la musica italiana. Ieri tanto per provare c'ho messo Finardi e mi ha fatto ascoltare tra gli altri il Quartetto Cetra e Bobby Solo. Ma anche Cirano di Guccini che mi piace tanto. Su Pandora poi potevi dargli un mucchio di suggerimenti, restrizioni, per fargli trovare la musica che ti piace. Su last.fm non mi sembra, ma non l'ho esplorato molto il sito. Però ti dice dei concerti.
Insomma, non è male, e a differenza della radio non c'è la pubblicità.

Io, spero stia esagerando

Massimo Gramellini da La Stampa di ieri.

Fra cachemire e realtà

Nel 2008 i comunisti sparirono dal Parlamento, ma conquistarono l’Isola dei Famosi. Sempre di battaglie per la sopravvivenza si tratta. La parola Isola, che nell’immaginario rosso evocava un libro di Amendola e la Cuba di Fidel, d’ora in poi si assocerà a una spiaggia dell’Honduras illuminata dal sole delle telecamere. Lì la trans companera Vladimir Luxuria ha realizzato il comunismo in un solo reality, dopo aver messo in fuga il marito fedifrago di Ivana Trump, simbolo del capitalismo parassitario. (Per chi non lo sapesse - io, per esempio, fino a poco fa - Luxuria svelò la tresca di quel tipo con una concorrente, ergendosi di fatto a custode dell’istituto matrimoniale).

È commovente l’entusiasmo con cui la sinistra di sinistra ha accolto la vittoria della sua ex parlamentare in un gioco televisivo. Si sprecano i richiami alla portata storica dell’evento. Il paragone più modesto l’ha fatto Liberazione: «Vladimir come Obama». E Obama come Denny Mendes, la miss Italia nera che ha reso possibile tutto il resto. Luxuria copre il vuoto di fatuità lasciato da Bertinotti, pur essendo meno superficiale del narciso in cachemire. Ma sono i compagni di partito a renderle un pessimo servizio, attribuendo al suo successo dei significati progressisti che non ha. Se è da snob demonizzare i reality, i quali ottemperano alla funzione essenziale di offrire una doccia tiepida al cervello spossato da una giornata di lavoro, è da gente fuori dal mondo scambiare il televoto per un messaggio sociale. Non lo avrebbe fatto neanche Amendola. Neanche Fidel. Esagero: neanche Simona Ventura.

25.11.08

Portfolio

Il primo giorno di freddo freddo freddo andiamo a vederci questa mostra, sempre parte del LuccaDigitalPhotoFestival, di gente in costume da bagno sulle spiagge, soprattutto italiane. Ce ne erano anche due su piste da sci, ma potevano anche non esserci. Le foto sono tutte prese dall'alto, alta definizione, se ci fosse stato qualcuno che si conosceva l'avremmo riconosciuto subito, ma non c'era nessuno; ci sono Marina di Vecchiano, Calafuria e Vada, tra le tante. Paesaggi con figure; più che il paesaggio, sono le persone, o meglio la gente, che sembra essere importante.
Il fotografo è italiano e si chiama Massimo Vitali. Anche lui col suo bravo sito online.
Su una spiaggia, questa con solo qualche persona e forse d'inverno, manca il cartellino con indicato il luogo, ma intuiamo che non si tratta dell'Italia. Ci rimane impressa, perché era una bella spiaggia, o forse perché finalmente era deserta. Chissà.
E, signore e signori, grazie al nostro fotografo sempre permissivo MicLischi, non solo sappiamo che è la spiaggia Knokke-Heist in Belgio, ma abbiamo anche la foto scattata la settimana scorsa.
Uno scoop insomma.
Questo ed altro, su A/R.

24.11.08

Andrew Zuckerman

L'aggettivo minimalista ben si adattava alla sala d'aspetto. Rispecchiava bene anche il gusto del fotografo, il cui studio si trovava proprio dietro una porta a vetri opaca grigia con due strisce bianche all'altezza della maniglia. Pavimento bianco lucido immacolato. Poltrone basse quadrate a tinta unita di velluto nei colori grigio, ocra, mattone, azzurro. Una piccola libreria in metallo con libri d'arte varia a disposizione degli ospiti in attesa. Nessuna pianta, ma un piccolo frigo con a disposizione solo acqua naturale e frizzante. Sulle pareti grandi fotografie incorniciate, ma nessuna sua. Sottofondo musicale: Jon Brion.
Accanto alla porta a vetri, dietro una piccola scrivania in metallo dello stesso stile della libreria, sedeva una giovane donna che smistava gli appuntamenti, rispondeva al telefono e batteva sulla tastiera di un piccolo laptop.
Lei era la prima tra tutti gli ospiti della sala d'attesa dello studio fotografico di Andrew Zuckerman a uscire da quello schema preciso e prevedibile. Non era alta e magra, non portava occhiali con la montatura nera leggermente calati sul naso, i suoi capelli non erano raccolti in un perfetto chignon, non indossava larghi pantaloni in morbida lana grigia e maglia viola dalle linee asimetriche. L'assistente del fotografo era di altezza media, corporatura normale, una come me o te insomma. Quel giorno si era vestita esattamente come il giorno prima, più o meno. Ed anche gli ospiti, seduti nelle poltroncine grige, ocra, mattone e azzurre, e tutti gli altri in piedi o sistemati per terra - quel giorno erano veramente tanti - si capiva al volo che davanti allo specchio, davanti all'armadio, non c'avevano passato neanche mezzo secondo. Tuttalpiù qualcuno di loro s'era dato una spazzolata. Altri continuavano a sistemarsi per ingannare l'attesa.
Erano lì, tutti pronti e entusiasti di partecipare nel nuovo progetto di Andrew Zuckerman: Creature.
Solo l'armadillo era poco convinto, e nessuno infatti sarebbe riuscito a convincerlo.

Una trentina degli scatti di Creature è in mostra fino all'otto dicembre all'interno della manifestazione lucchese LuccaDigitalPhotoFestival e se volete un'anticipazione la potete trovare sul sito di Andrew Zuckerman (cliccare su work, photgraphs e poi creatures), ma non è proprio la stessa cosa.
Lo studio di Andrew Zuckerman. Perché lo so che pensate che mi sia inventata tutto.

Tutti i tramonti del mondo



Il sito Eternal Sunset mostra uno dietro l'altro a ciclo continuo tramonti in tempo reale in giro per il mondo dalle varie webcam in giro per il mondo.
La foto è di Michele Lischi, senza il suo permesso.

18.11.08

Se piove



Ultimamente ha piovuto tanto. Ma tanto tanto. E se guardo fuori dalla finestra in questo momento non sono troppo ottimista per il futuro. E penso che ho un mucchio di vestiti fuori ad asciugare come al solito. E che poi d'inverno, lì dove stendo i panni il sole ci batte una mezzoretta la mattina alle otto. Non è che si asciughino un granché.
Ultimamente poi, causa vari disastri domestici sono stata sommersa da numerosi capi da lavare, di continuo. E mentre infilare roba in lavatrice non richiede grosso sforzo né tempo, né accorgimenti particolari, stendere lenzuola, lenzuola, lenzuola, copriletti, copriletti, copriletti, copridivani, copridivani, copridivani, piumini, cuscini, asciugamani, asciugamani, asciugamani quando fuori piove è un problema. No, tranquilli voi che abitate da altre parti, non ci sono state da queste di parti innondazioni, straripamenti o onde anomale, solo piccoli disastri domestici, neanche tra amici, tra me e me e tra me è una gatta che nonostante tutto non è affagata o finita nella lavatrice per sbaglio. Oops.
Quindi ho seguito un brillante consiglio: perché non vai ad asciugare tutto in una lavanderia a gettoni. Geniale, ho pensato.
Raccatto copripiumoni e teli da mare vari umidi e un libro, e vado.
Entro. C'è solo un tizio sulla quarantina a occhio e croce. Mi vede che cerco di capire come funziona e subito mi dà una mano.
Mi spiega come funzionano le asciugatrici, mi consiglia il programma medio e mi dice che ci mette un po' più di mezzora. Il programma temperatura media rischia di sciuparmi i vestiti, dice.
E poi mi racconta la storia della sua vita, recente. La sua prima frase è più o meno questa "non solo mi sono separato sei mesi fa, ora mi si è pure rotta la lavatrice". Ma è uno allegro, ce l'ha con le donne a morte, ma mentre piega i suoi vestiti, mi racconta che la cosa che lo ha aiutato di più è stato il tango. Segue da poco un corso di tango. In anni passati aveva fatto un po' di latino-americano, ma dice che il tango è più serio, o qualcosa del genere. Insomma il tango l'ha proprio rimesso al mondo, non che abbia voglia di rimettersi in gioco con le donne, mi dice, ma è così soddisfatto della tangoterapia che mi consiglia di provare, mi spiega dove lo fa e a che ora. Evviva il tango. Una volta finito di piegare le sue cose, sempre allegro e sorridente si presenta e se ne va.
Ma prima della fine del mio ciclo di asciugatura è entrato un altro tizio. Direi sulla cinquantina questo. Molto più riservato. Mi dà del lei. E sono io che gli do due consigli sulle modalità della lavanderia a gettoni. E lui nonsi azzarda ad attaccare bottone. Solo quando gli faccio notare che il detersivo è incluso (lui sta buttando nell'oblò di tutto di più), mi spiega che il tappeto che sta lavando è quello dei bambini e loro ci fanno di tutto, va disinfettato bene. Ohibò, cosa ci faranno mai. Poi come per scusarsi mi dice che almeno può avere tutta un'ora per sé per leggere.
Sbircio il titolo del tomo che sta leggendo, Uomini che odiano le donne.
L'asciugatura non è stata perfetta. La prossima volta provo un'asciugatrice diversa.

13.11.08

Che tempo fa?



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Non fraintendete



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Gone baby gone




E' un film di Ben Affleck. Sì, quello col mascellone. Sì, quello che stava con Jennifer Lopez. Sì, quello con un'espressione sola, e forse neanche quella. Sì, quello che però ha fatto uno degli angeli in Dogma. Sì, però qui fa il regista.
Il film è tratto da un romanzo dello stesso autore di Mystic River, Dennis Lehane, e come per Mystic River se ne parla un gran bene, soprattutto della sorpresa Affleck dietro alla cinepresa. I due film si assomigliano anche, sono dei noir, si svolgono nello stesso ambiente un po' povero e derelitto americano, un quartiere di Boston; parlano di violenza sui bambini; ci lasciano con nessuna speranza.
Come per Mystic River, anche Gone Baby Gone non mi ha convinto del tutto.
Oh perché?
Perché è inutile che mi si cerchi di convincere che il fratello di Ben Affleck, Casey, interpreti un detective privato che esce dagli stereotipi e che riesce a non strafare nonostante il film particolarmente complicato a livello emotivo. Anche lui è insespressivo come suo fratello.
Perché trovatemela una sola persona che abbia visto il film che abbia il coraggio di dirmi che la tipa che interpreta la fidanzata di Casey Affleck e lo aiuta nelle indagini abbia più spessore di una cassapanca.
Perché forse queste storie molto molto americane mi coinvolgono poco.
Perché avevo già visto Mystic River.
Perché ci sono troppe questioni pesanti come macigni, una bambina rapita, una madre orrenda, pedofilia, droga, polizia corrotta, povertà, violenza, e non si fa in tempo a pensarne a una che sulla testa te ne cade un'altra.
Ed Harris però è sempre un piacere.

11.11.08

Practice your English, please




Grazie, sissus.

Claudio Morganti - Scimmia

Quattro figuri.
Quattro figuri vesititi normalmente. Di altezze variopinte e ben bendisposti. Forse un po' stanchi. Erano le 23.00 di una lunga giornata come tante.
Quattro figuri, due a due si ritrovarono a teatro, senza dirselo neanche troppo. Era sottinteso.
Nella piccola piccolissima sala si sedettero, i quattro figuri, uno accanto all'altro, sesta fila centrale.
Quattro figuri rilassati in attesa di essere spettacolorati.
Buio.
Buio buio buio.
Una luce tenue.
Tenue tenue tenue.
Illumina appena appena un uomo vicino a un tavolo che beve un bicchiere di vino (anche lui!) e che poi si veste. Lungo camicione, turbante in testa, sciarpina al collo.
E poi buio.
E poi cono di luce.
E poi ciarlatano-imbonitore in mezzo al cono di luce. Che parla parla parla...
E poi donna seconda fila a sinistra ride. Ride sguaiatamente. Ride forte. Ride tanto. Ride a bocca spalancata. Si piega in due dalle risate. Cade dalla sedia. Rotola giù. Giù giù giù.
E poi donna ottava fila a destra ride. Ride sguaiatamente. Ride forte. Ride tanto. Ride a bocca spalancata. Si piega in due dalle risate. Cade dalla sedia. Rotola giù. Giù giù giù.
I quattro figuri, variopintamente diversi, si guardano l'un l'altro muti, si stringono a sé. Sono seri, i quattro figuri.
Tutta la sala ride. Si contorce sulle sedie, che non ridono, almeno loro. Ma la sala, lei sì che ride agli ordini delle due donne rotolate giù giù giù. E ridono ancora di più quando nel secondo cono di luce entra la scimmia e la sua sfavillante giacchina sfavillante.
Una scimmia perfetta, con alluce scimmiesco sinistro incluso.
Ma la sala ride ride, invece.
I quattro figuri no, son seri.
Immobili.
Impassibili.
Attenti.
E allora, ma cosa cazzo c'è da ridere, i quattro figuri urlano alzandosi in piedi in un sol uomo e tre donne.

10.11.08

A Tim Roth emergency

Insomma. Ho preso coraggio e mi sono guardata il rifacimento di Funny Games con Tim Roth. Il genere sembrava il suo. Due tipi strani si infilano in casa di una tranquilla famigliola madre-padre-figlio e minacciano di ucciderli entro la mattina.
Tim Roth fa il padre.
Avevo delle aspettative.
Avevo delle buone speranze.
Niente da fare.
Anche qui, Tim Roth è inesistente. Proprio non sembra il paparino della famigliola tradizionale con casina tutta bianca e barchetta sul lago a Martha's Vineyard.
E il film non è un granché, angosciante certo, ma niente di che.
Aspetto di vedere l'originale, quello girato nel 1997 dallo stesso regista ma in Austria. La parte di Tim Roth la fa Ulrich Mühe, quello di Le vite dagli altri.

7.11.08

Forse bisognerebbe smetterla

... di ridere intendo. Però questo pezzo di Paolo Madeddu su macchianera mi ha fatto schiantare. Per leggerlo tutto andare qui.

Wake up, gente. Quit Obaming. You, no America.

Yes, I know: you template, pilates, prime-time, hit, competitor, wireless, format, slow food, reality, slim-fit, gossip, magazine, community, city manager.

But you NO America. You and me very orgoglioni in country where King Porco rules, cocksucker is minister, old Punchinello is president, Neanderthal Man is Ministro delle Riforme, wealthy bamboccione is chief of the opposition, and the peggio sleeve of shameless sons of puttana sits in Mediobanca. And most of all, you and me stay in country where Gigi D’Alessio is number one.

Yes, in Usa n.1 is P!nk, who is only n.20 in your country. In Italy, it’s Gigi D’Alessio at the top, because under every fierce face of camorrista there is a heart of fregnone - unlike north, where people is cold.

Una vignetta al giorno...

4.11.08

New York New York


Quando qualche anno fa andai per la prima e per ora unica volta a New York mi misi in testa di cercare il posto di una scena del film La 25a ora di Spike Lee. A New York ti sembra di essere in un film, l'hai vista miliardi di volte nei film, ed è proprio così come nei film. Los Angeles no, ne sono sicura, anche se non ci sono mai stata.
La scena che cercavo è quella girata lungo l'acqua non so se dalla parte ovest o est di Manhattan. Ci sono quelle panchine che guardano l'acqua. Ci sono quelli che fanno jogging. Già rivista in altri film. Girai un po' qua e un po' là. New York è grandina, diciamo. Non la trovai. O forse era Brooklyn.
Questo sito qua, usando una mappa di google segna i luoghi di scene di film girati a New York. La 25a ora non c'è, ma c'è Inside Man.

Le grandi città sotto la luna


Una scena illuminata.
Otto sedie, quattro da una parte, quattro dall'altra, nel centro una cassa acustica.
Poi tamburi, trombe, chitarre elettriche, fisarmoniche, scarpe, gomitoli di lana, acquari con pesce rosso, bastoni che diventano spade, cappelli e scialli, nascosti sotto le sedie.
Otto attori, tre donne e cinque uomini.
Alcuni in piedi, passeggiano.
Altri già seduti, uno con la chitarra suona where have all the flowers gone.
Tutti e otto attendono che il loro pubblico si accomodi nelle poltone.
A loro volta gli otto si accomodano nelle loro sedie.
Lo spettacolo ha inizio.

La compagnia è L'Odin Teatret di Eugenio Barba. Compagnia storica del teatro sperimentale degli anni 70 con sede in Danimarca. Barba, pugliese, giovanissimo emigrò in Norvegia per lavoro e lì si avvicinò al teatro; in seguito si stabilì con la sua compagnia a Holstebro (Danimarca) il cui comune gli concesse una sede e qualche soldo. Eugenio Barba è stato allievo di Jerzy Grotowsky, ideatore del teatro povero, con cui studiò per tre anni. Jerzy Grotowsky per molti anni si stabilì col suo laboratorio presso il Teatro di Pontedera. Il cerchio così è chiuso: Le grandi città sotto la luna era in scena il 2 e 3 novembre al nuovo teatro di Pontedera, il Teatro Era.

Lo spettacolo ha inizio.
E' l'attore all'estrema destra che inizia. E' sulla cinquantina, vestito di grigio, aria ironica. Parla in italiano, anche se italiano non è. Si alza con un bicchiere di vino in mano e al centro della scena lo frantuma per terra. Le sue parole vengono tradotte immediatamente dall'attrice all'estrema sinistra. E' sulla cinquantina, lunghi capelli grigi, lungo scialle, lungo vestito. Parla in inglese, forse inglese lo è. Accanto a lei c'è un suonatore di tromba, e poi quello con la fisarmonica che all'occorenza suona anche la tromba e il tamburello. Segue il chitarrista. Dall'altra parte della cassa acustica, è il primo attore a raccontare la propria storia, un po' la racconta, un po' la canta, un po' sta seduto, un po' si alza. Un po' all'occorenza suona la chitarra elettrica. Accanto a lui un'attrice, più giovane, capelli lunghi lunghi neri, grande bocca, voce fortissima, soprattutto quando canta. Batte pure sul tamburo che tiene tra le gambe. Altra attrice, questa volta sulla sessantina. Lei si cambia le scarpe, si infila una giacca, dei guanti e un cappello per diventare Kathrin, la figlia muta di Madre Coraggio di Brecht e per gran parte dello spettacolo è sdraiata nel centro della scena, un foglio di carta appallottolato in bocca e acquario tondo con pesce rosso tra le gambe aperte. Sono loro gli otto, che dopo poco vengono raggiunti da un nono, un soldato delle forze di pace che si piazza in mezzo, in piedi, quattro da una parte, quattro dall'altra. E partecipa con gli altri a quest'orchestra.
E sono canzoni, poesie, racconti, frammenti, danze e musica. In alternanza e tutto insieme.
In tedesco, italiano, inglese, danese, credo. E altro.
Un po' Brecht. Un po' gli somiglia. Un po' è proprio lui. Un po' è altro.
E si parla di guerra, di esilio, di stragi, di Bosnia, Afghanistan, Iraq, Halle, sotto la luna nelle grandi città, credo. E altro.
Infine arriva il decimo, un ballerino, di colore.
Infine lo spettacolo finisce.
Infine i dieci in piedi ricevono gli applausi. Tanti.
Bis, nessuno.

Per presentare lo spettacolo, sul programma del Festival del Teatro Era c'è uno scritto di Eugenio Barba intitolato l'imprudenza del teatro. Ne riporto qua sotto alcune parti che mi sono piaciute:
"Avviene nel momento in cui ci diciamo: “Erano tutte chimere. Abbiamo diritto d’esser stanchi”. Invece si può cavalcare chimere tutta la vita senza mai vincere, ma senza essere sconfitti. La posta in gioco, infatti, non è cambiare il mondo, ma vivervi degnamente […]. Il contravveleno per combattere la tendenza ad accontentarsi ha molti nomi. Userò quello più generico di “poesia”. Può sembrare un termine patetico e abusato. Ma ho in mente alcune frasi di García Lorca quando spiegò […] che cosa non fosse la poesia di Pablo Neruda. Disse che gli mancavano i due elementi dei quali molti “falsi poeti” si sono nutriti: l’odio e la derisione. Poi rappresentò Neruda come uno di quegli artisti che […] ci incantano con i loro prodigi, e lo ammantò con un simbolo potente. Disse: “Quando Neruda intende colpire e solleva la spada, si ritrova subito una colomba ferita fra le dita”.
[…]Quando García Lorca terminò la sua breve presentazione di Pablo Neruda, si rivolse direttamente ai propri ascoltatori per dir loro: fate attenzione, c’è una luce nascosta nei poeti. Cercate di percepirla per nutrire quel grano di follia che ognuno porta dentro di sé, e senza il quale è imprudente vivere. Disse proprio così: imprudente."

29.10.08

Non ci sono più le mezze stagioni

E al Leclerc ieri c'erano in bella esposizioni tutti gli addobbi natalizi.
Ma è ancora ottobre!
Secondo loro (ma chi sono?) col ritorno all'ora solare ora scatta anche lo spirito natalizio?

28.10.08

葛飾北斎


Katsushika Hokusai. Mentre cercavo velocemente notizie su questo signor artista vissuto a cavallo dei secoli XVIII e IX ho trovato questo, un libro con disegni di Hokusai in touch and turn format. Ma vedi te cosa succede a mandare gli auguri in larghissimo anticipo.

Chi prima comincia...


Dal Giappone, e precisamente dalla ditta Daiichi Sankyo, abbiamo appena ricevuto la cartolina d'auguri per l'anno nuovo. Questa qua sopra. Bella però. E' di Hokusai.
E alla Coop la settimana scorsa erano in offerta pandori e panettoni. Probabilmente quelli degli anni scorsi.

Da Internazionale di questa settimana

Nature, Gran Bretagna
L'Italia rinuncia al futuro
I tagli alla ricerca del governo Berlusconi danneggiano lo sviluppo del paese, scrive il settimanale scientifico Nature

E' un periodo di rabbia e frustrazione per i ricercatori italiani, che devono vedersela con un governo che ha una strana filosofia del risparmio. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la proposta di legge sui tagli alla spesa pubblica. Se sarà approvata, la legge avrà come effetto il licenziamento di circa duemila ricercatori, che sono la spina dorsale degli istituti di ricerca del paese, da sempre a corto di personale.
Mentre i ricercatori manifestavano, il governo ha deciso che i fondi destinati alle università e alla ricerca possono essere usati per sostenere le banche italiane. Non è la prima volta che Berlusconi prende di mira le università. Ad agosto ha firmato un decreto che riduce il loro budget del 10 per cento e stabilisce che solo una su cinque delle cattedre che saranno lasciate libere dai professori che vanno in pensione potrà avere un nuovo docente. Il decreto, inoltre, consente alle università di trasformarsi in fondazioni private per attirare finanziamenti. I rettori pensano che quest'ultima proposta verrà sfruttata per giustificare altri tagli ai bilanci, e alla fine li costringerà ad eliminare i corsi che hanno meno valore commerciale, come le materie letterarie e perfino le scienze di base.
Finora il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Mariastella Gelmini, si è occupata solo della scuola elementare e secondaria, e ha permesso al governo di prendere decisioni devastanti senza fare obiezioni. Si è rifiutata di incontrare i ricercatori e i professori universitari per sentire le loro ragioni. E non ha neanche chiesto a un sottosegretario di occuparsene.
Ancorati al passato
Anche se il governo Berlusconi ritiene necessari questi tagli, i suoi attacchi alla ricerca italiana sono insensati e miopi. Farebbe meglio a considerare la ricerca un investimento nell'economia della conoscenza del ventunesimo secolo. L'Italia ha sottoscritto l'agenda di Lisbona 2000 dell'Unione Europea, in cui gli stati membri si impegnavano a investire in rierca e sviluppo il 3 per cento del prodotto interno lordo. Tra i paesi del G8, l'Italia ha una delle spese per ricerca e sviluppo più basse: raggiunge a malapena l'1,1 per cento, meno della metà di quanto spendono Francia e Germania.
Se vuole un fututo credibile per l'Italia, il governo non dovrebbe rimanere ancorato al passato, ma capire come funziona la ricerca in Europa oggi.

26.10.08

Warum Warum



Warum Warum è l'ultimo spettacolo di Peter Brook. Il programma del Festival attualmente in svolgimento al nuovo teatro di Pontedera, Teatro Era, che è molto molto bello peccato insonorizzato male, si sentiva il luna park, dice che "con quest'opera Peter Brook ricompone in scena la vita di Mejerhold sulla base di diversi testi ed esperienze del suo vissuto, faceno una nuova ricerca sull'essenza della rappresentazione teatrale." E' una produzione svizzero inglese ma lo spettacolo è in tedesco.
Quindi ci sono i sottotitoli.
Mentre l'attrice scendeva le scale verso la scena, nella poca luce e nel totale silenzio degli spettatori si è sentito:
- Ci leggi Mario?
- Sì sì.
- Li hai porta gli occhiali?
- Sììì!

Bella la musica, dello spettacolo, composta ed eseguita in scena da Francesco Agnello, compositore siciliano, con questo particolare strumento in metallo che si chiama hang (il plurale è hanghang, davvero), uno strumento nato in Svizzera nel 2000. Su wikipedia inglese, oltre alla sua storia e altre notizie si possono ascoltare anche due esempi.

24.10.08

Frigoriferi che passione


Questo sito raccoglie foto di frigoriferi, dentro, fuori, sopra, sotto, destra e sinistra, da ogni parte del mondo.

23.10.08

Yoga/2

Yoga/1


Da qualche anno a questa parte all'inizio di settembre, cioè con la fine dell'estate, comincio a chiedermi che 'sport' fare l'inverno. Perché fare sport fa bene. Lo dicono tutti. E' scientificamente dimostrato. Fa bene al corpo, e questo lo sappiamo dalle elementari, e anche allo spirito. Questo lo abbiamo scoperto più tardi da quando siamo diventati tutti stressati e psicopatici. All'inizio di autunno insomma in me sorge questo dilemma. Inizio con l'eliminare le palestre, quelle classiche, quelle con la musica a palla, le femmine con le tutine fucsia, lo show della biancheria intima nello spogliatoio e gli uomini agli attrezzi che ti fanno i raggi x. Poi quel puzzo di sudore. Bleah. L'aria aperta, certo. Infatti vado a correre, ma poi mi prende la pigrizia, il buio oltre la siepe, e piove, e fa freddo e mi si è scaricato l'ipod. Non sono costante. A meno che non sia stressata oltre misura, ma preferirei di no. Ecco allora la piscina. La piscina mi piace. Mi piace l'acqua. Quel ritorno nel liquido amniotico. Sì sì. Nuoto libero, no, tanto poi mi prende come per la corsa, non sono costante. Mi ci vuole un corso, regolare, serale. Ma quello di nuoto è il mercoledì e il venerdì. Ecco, esistono due serate peggiori in cui mettere un corso? No. I nuotatori evidentemente non vanno al cinema il mercoledì quando costa meno e il venerdì non gli capita mai, un aperitivo, una pizza, un appuntamento. No, eh? Poverini. Quindi gli anni scorsi avevo ripiegato su aquagym. Orari migliori. Vergognandomi tantissimo. Sto facendo outing, infatti. Entravo in vasca già con la cuffia calata fino alle sopraciglia, che rende tutti universalmente brutti e irriconoscibili, e se per caso mi sembrava di riconoscere qualcuno facevo finta di non vederlo. Nonostante questo show, qualcuno ha insistito a salutarmi. Insomma 2 anni di aquagym, quest'anno ho detto no ad aquagym, perché io valgo. E allora?
E allora yoga!
Semplice.
Ma per niente.
Lo yoga va di moda.
Scelgo un corso dove c'è un'insegnate che mi hanno detto brava. Arrivo alla lezione prova con 5 minuti di ritardo. Peccato corso pieno. Ma non vi preoccupate ne faremo un altro in orario diverso. Arrivo in anticipo alla lezione prova del corso yoga in orario diverso. Siamo tredici. Tanti. Evviva. Il corso si fa. Lascio anche un acconto, non vorrei rimanere fuori un'altra volta. La settimana dopo torno tutta contenta, ah sì perché la lezione prova mi era piaciuta, con materassino, cuscino, coperta e cintola dell'accappatoio. Siamo in quattro. Il corso non si forma. Troppo pochi. Ma non vi preoccupate si iscriveranno altri, vedrete, vi richiamiamo. Non s'è fatto vivo nessuno.
Cerchiamo un altro corso. Questo ha un nome preciso hata yoga. Vado. E' pienotto, mi dicono, ma c'è ancora un po' di posto. Faccio la lezione prova. Respirazione, respirazione, respirazione. Stavo per svenire. Davvero, ero pure in piedi. E poi la maestra ci chiede di rilassare i reni, quello destro e poi quello sinistro. Oh su. Fatelo un po'! Soprattutto, oltre a rilassare le spalle, la schiena, il collo, che quello è facile, ci chiedeva di rilassare gli organi genitali. Gli organi genitali, notoriamente stressatissimi. Naturalmente abbiamo fatto anche il cobra, l'airone, la tavola ed altre cose in un'altra lingua. Alla fine della lezione, tutti rilassati, anche le unghie, ma la parte destra più della sinistra, ci ha chiesto se volevamo condividere qualcosa. Nessuno aveva da condividere nulla.
Riparte la ricerca del corso yoga. Altra palestra. Qui fanno yoga flex. Cos'è yoga flex, chiedo. Lei al telefono: hai presente hata yoga? Io: sì. Tutta un'altra cosa. Bene, vengo. Lei: però devi chiamare nel pomeriggio perché è la collega del pomeriggio che gestisce il corso yoga ed io non sono sicura che ci sia ancora posto. Pronto, avevo chiamato per il corso yoga, per sapere se c'era posto. Richiamami la prossima settimana. Forse c'è un posto, se una ragazza non mi conferma.
Continua...

The godless move in mysterious ways


La foto e il link all'articolo si trovono su wittgenstein.

Perché se vediamo simboli religiosi, slogan religiosi, su manifesti, nelle pubblicità sugli autobus non lo troviamo strano, si chiedeno gli attivisti di questa campagna a favore dell'ateismo. Con questi slogan alternativi, questi atei attivisti sperano almeno di costringere le persone a pensare, e pensare, dicono, è già un anatema per la religione. Tra gli illustri atei attivisti c'è Richard Dawkins, autore del libro L'illusione di Dio. Le ragioni per non credere.

20.10.08

Jonas Mekas



Jonas Mekas ha un viso che è già da solo un'opera d'arte.
In realtà lui sta dietro alla cinepresa quindi il suo viso si vede poco. E' nato in Lituania 85 anni fa, ma subito dopo la Seconda Guerra Mondiale è emigrato negli Stati Uniti, a New York. E da lì non si è più mosso. E' considerato uno dei padri del film sperimentale americano ed uno dei fondatori dell'Anthology Film Archives di New York, che conserva numerose pellicole sempre di film sperimentali, soprattutto americani, ed è anche cinema d'essai (insomma come il nostro Arsenale di Pisa, no?).
Insomma, Jonas Mekas non è uno qualunque.
Alla Fondazione Ragghianti di Lucca fino al 2 novembre c'è una mostra su di lui. Grande quanto basta per incuriosirsi di più.
Ci sono foto tratte dalle sue pellicole.
Ci sono quattro quartetti uno sopra l'altro, ogni quartetto fatto di quattro monitor che proiettano immagini dello stesso tema, ma con immagini diverse; ogni monitor col suo suono. Un caos fantastico.
C'è il viaggio in Italia.
C'è l'Anthology Film Archives.
C'è la stanza dei suoni. Nessuna immagine. Solo suoni ben distinti l'uno dall'altro.
Ci sono i suoi video diari.
Perché quello che Jonas Mekas riprende, o che sembra voler riprendere a vedere questa mostra, o quello che io ho percepito voglia riprendere a vedere questa mostra, è la vita lì fuori, nessun effetto speciale, solo gli amici (che certe volte si chiamano Andy Warhol o Martin Scorsese, va beh), la famiglia, un trasloco, il gatto che fa le fusa.
Se non vi ho convinto, questo è il suo sito.

19.10.08

Un sito al giorno




Questo sito che è anche una rivista raccoglie cose trovate: foto, biglietti d'auguri, liste della spesa, messaggi, post it, etc trovati per la strada. Il biglietto della foto era attaccato sulla porta del bagno degli uomini, chiaramente fuori uso.

17.10.08

Il Petroliere



There will be blood, è il titolo in inglese, bla bla bla sulla traduzione dei titoli.
Mi è piaciuto? Me lo chiedo da ormai circa 24 ore.
C'è un Daniel Day Lewis fenomenale. Ricorda un po' il suo macellaio in Gangs of New York di Scorsese. Anche qui è antipatico e fastidioso.
Anche Paul Dano, attore a me sconosciuto (ha fatto Little Miss Sunshine) che qui fa più o meno la controparte di Lewis, riesce a essere fastidioso.
La colonna sonora, originale, è fatta soprattutto di suoni, e non di musica. E' stata composta dal chitarrista dei Radiohead, Jonny Greenwood. E' fuori dal comune, dissonante, che sembra andare contro le immagini, ma allo stesso tempo ci si ispira, per esempio al rumore di tutti i metalli di cui sono fatti i pozzi per scavare il petrolio, aggiungendo ancora più senso di inquietudine.
Regia mai scontata. La scena iniziale dura un tempo relativamente lungo e si vede solo Daniel Day Lewis che piccona infondo a un buco, non viene detta una parola. Non è comunque un film molto parlato, e infatti le parole che vengono dette, declamate, rimangono, pesanti.
Fotografia che si fa notare. Pare che il set del film fosse vicino a quello di Non è un paese per vecchi.
Personaggi principali sostanziosi, complicati e ambigui.
Avvincente la storia che ti tiene incollato per due ore e mezzo su un tizio che scava pozzi di petrolio all'inizio del 1900 in America, e che ha un carattere terribile e speri che prima o poi ti spieghino perché.
Per tutto il giorno ho continuato ad essere perplessa. Mi sembrava uno dei quei film costruiti ad arte che poi alla fine ti viene da dire: embhè, cosa mi volevi dire. Colpa anche del finale, forse eccessivamente inaspettato. O forse non poteva essere altrimenti
Poi ho capito. Forse.
Ho trovato un sottotitolo sul manifesto in inglese.
When ambition meets faith.

16.10.08

Ci segnalano dalla redazione

AL TELEFONO:

-Dove la devo spedire?

-Strada Statale 195, Località Sailletta

- ...e mi scusi, come si scrive Sailletta??

- ora glielo detto, pronto a scrivere?

- si, mi dica...




Un po' d'impegno

Sul sito del cavolettodibruxelles che ora ho messo anche nei link del vagone ristorante ci sono i vincitori del concorsino a cui avevo partecipato. Lo sapevo che non avrei vinto. Si dice sempre così, eh. In realtà qualche giorno fa ero andata a rileggermi il mio pezzettino e quasi quasi lo cancellavo dal blog. Scarso. Un minimo d'impegno, sburk!
In compenso la tizia che è arrivata terza l'ho trovata notevole.
In compenso/2 non so se avevo reso pubblica la notizia che quei tre post che avevo scritto su Marsiglia sono apparsi nella notevole rivista Sottobosco, che si scarica qui. Insomma in qualche modo il morale me lo devo tirare su.

15.10.08

Aveva letto il mio post?


Da Macchianera.

Rimpasto di governo?

Come minimo, visto che l'anno prossimo si ritrova disoccupato, Bush ce lo ritroviamo ministro, che ne so, della guerra o di qualcos'altro. Fossi la Carfagna mi preoccuperei per la poltrona.
Ma le avete viste le foto?

14.10.08

Questi nobel

Alla fine forse ho capito perché tutta questa polemica intorno all'assegnazione del nobel alla letteratura a questo per me sconosciuto Jean-Marie Gustave Le Clézio. Gli italiani speravano vincesse Antonio Tabucchi.
Poi così per capire chi fosse questo J-M G Le Clézio sono andata a vedere su wikipedia, prima in italiano e poi in inglese. Non è la prima volta che noto che le versioni in inglese sono più complete di quelle in italiano.

Pure

E ora Baricco si mette pure a fare il regista.
Con quasi esclusivamente attori stranieri.
E Maurizio Porro, lasciamo perdere.
Però Procacci, dai Procacci, non mi puoi uscire con quella frase lì. Sarà la timidezza.
E l'argomento è anche interessante.

Lezione Ventuno
di Alessandro Baricco. Con Noah Taylor, Clive Russell, Leonor Watling, John Hurt, Tim Barlow, Natalia Tena, Andy Gathergood, Daniel Tuite, Rasmus Hardiker, Phyllida Law, Adrian Moore, Matthew Reynolds, Clive Riche, Franco Pistoni, Chiara Paoli, Daniel Harding. Genere Drammatico, colore 92 minuti, Italia 2008.

Come nacque la Nona sinfonia, e cosa successe la sera che per la prima volta Beethoven la presentò al pubblico viennese? Lo racconta il geniale professor Mondrian Kilroy, in una lezione indimenticabile che diventa viaggio fantastico nel passato e riflessione sapiente sulla vecchiaia, sull'amore e sulla bellezza.

LOCARNO - Lezione 21, che apre allo scrittore Alessandro Baricco la via di un cinema originale, colto e intelligente, è un debutto con tre importanti F: Fantasia, Fiaba, Furberia, intesa in senso positivo giacché riesce a porgere al largo pubblico un argomento «tosto» con alto tasso di divertimento e coinvolgimento e un occhio visionario. Di che parla questa storia così argutamente inventata e visivamente coinvolgente? Della Nona Sinfonia di Beethoven, ma il musicista si vede di schiena per 4 secondi e basta; altri film hanno raccontato vita, nipoti e sordità. Il resto è transfert. L' autore usa un suo personaggio, l' inglese professor Kilroy, e ne ricostruisce la «lezione 21», quella in cui distruggeva regolarmente il capolavoro sinfonico di Ludwig van, andato in scena a Vienna venerdì 7 maggio 1824. Per paradosso, certo. Perché il regista odia gli imperativi categorici, le direzioni uniche. «Come molti monumenti della cultura, Proust o il Partenone, la Nona ha sedimentato col pubblico un rapporto ufficiale, uno sguardo frontale. Io la voglio guardare di lato, spiare le debolezze nascoste, scoprirne nuova bellezza: quando la compose, Beethoven era un pistolero stanco che tornava per la sfida finale e non si sa ancora bene come fu accolta». La Musica è però il personaggio principale. A Baricco, musicista, scrittore e teatrante, pratico di Hegel e Omero, inventore del pianista sull' oceano e ora del violinista on ice, non piacciono i confini ma gli incroci, le piazze.
(...) Gioca a capovolgere i miti per ricostruirli più grandi di pria: non solo Beethoven, ma anche Dio, sconsigliato ai piccini. La sua fantasia ha una bella valenza spettacolare, questa prova d' orchestra sul ghiaccio, immagine prensile nel bosco del Trentino, a parte le angherie climatiche («riprese alle 4 del mattino, era l' anno più caldo degli ultimi 150 e si scioglieva tutto in fretta meno la neve computer graphic») permette civetterie di classe. Far sparire gli orchestrali o far nascere la musica sublime dallo scalpiccìo degli zoccoli dei cavalli, dai fuochi artificiali, dall' aprirsi di un ventaglio, dal canto di un uccello. Diviso tra forza e leggerezza, il regista sceglie una forza leggera. Scherza sul Congresso di Vienna del 1815 paragonandolo al G8 di oggi, dà del diavolo a Paganini, raccoglie gli oggetti artistici sopravvalutati. «Attenzione, non è un elenco mio ma di gruppo: io ho inserito Ulisse di Joyce, altri hanno messo Kubrick contro la mia volontà, concordo sulla Gioconda, poi ci sono Botticelli, Warhol e L' opera da tre soldi». Nella storia appare anche, rimandato al mittente subliminale che sta dentro di noi, lo spettro della vecchiaia, l' analisi del bello, il piacere di amare-odiare e rivestire un grand' uomo immobilizzato «ritratto romantico della musica classica». Domenico Procacci, produttore libero e reduce dal trionfo di Gomorra, dice: «Baricco è un vero regista mascherato da finto». Perché qui a Locarno? «Perché è l' unico festival non isterico».
da Maurizio Porro, Corriere della Sera 12 agosto 2008

10.10.08

Sarà per un'altra volta


Sul sito della WizzAir quando si deve scegliere se continuare o annullare il piano di volo proposto, invece di cliccare sul solito Annulla, c'è:
in inglese - nevermind
in francese - ça n'est pas la peine
in spagnolo - no importa
in italiano - non fa niente

in tedesco - nächste woche
Che magari la Vitt, sì la mia ex socia di questo blog, che ora si trova in quella parte del mondo dove parlano quella lingua lì, sa cosa vuol dire.

Ma non finisce qui. Decido di premere il tasto selezione e continua, ma dato che per andare a vedere come si diceva 'non fa niente' nelle altre lingue ho perso tempo, la mia sessione è scaduta. E invece di scrivere error, WizzAir mi scrive:
Uh-oh

Chissà le barzellette che ti raccontano a bordo gli steward e le hostess. Si va?

9.10.08

GasP!



Il Gas, gruppo d'acquisto solidale, col quale acquisto principalmente le verdure è sempre fonte di ispirazione per me. Oltre alle varie discussioni che ci sono nella mailing list, la busta settimanale di verdure biologiche di stagione mi costringe molto spesso e spremermi le meningi, primo, per capire cosa sono quelle strane verdure mai viste prima e che mi toccherà comunque mangiare, e secondo, come cucinare ancora una volta quei finocchi prevedo ritrovare anche la prossima settimana nella busta per la terza volta consecutiva (sorvolo sul cavolo verza perché ho perso le speranze di riuscire a farlo tutto fuori prima che vada a male - speriamo che non ci sia nessun gaspista oltranzista fondamentalista per la salvaguardia del cavolo verza e cappuccio che legge questo blog).
Internet ovviamente è una grande risorsa, come si suol dire, e proprio ieri alla caccia di ricette di finocchi che non siano in insalata o gratinati, ricapito su questo blog:
Mediterranean Cooking in Alaska.
Lei è una tizia greca che vive in Alaska, e fin qui tutto normale, ma mentre leggo velocemente il blog, per capire se mi può venire in aiuto, finisco su una foto di Andrea Camilleri, e continuando ancora a leggere trovo stralci di suoi libri su Montalbano. In inglese. Nei quali il caro Salvo, uno, non parla in siciliano, e due, per imprecare dice 'Jesus'. Lei si dice una grande fan dei libri di Camilleri ed è sempre in attesa di nuove traduzioni e lo nomina nel post in questione per parlare della Pasta alla Norma, citata appunto da Montalbano. La tizia greca che vive in Alaska mi informa anche che la Pasta alla Norma si chiama così dall'opera di Bellini che era catanese. Ma senti là.
Per chi fatica con l'inglese, i titoli dei post sono anche in greco.

Perché ridiamo quando ridiamo

"Noi ridiamo perché la risata è utile dal punto di vista dell'evoluzione. Ridere ha a che fare con il sollievo dopo un falso allarme.
...
E' anche il motivo per cui il solletico fa ridere: all'improvviso qualcuno fa per toccarti, istantaneamente ti metti sulla difensiva, infatti irrigidisci i muscoli, ma poi quella persona non ti fa davvero male, si limita a toccarti e stimolarti in un punto insolito, e allora il tuo cervello dice: "Era un falso allarme!", e ti metti a ridere."

E' tratto dalla trascrizione del Discorso d'apertura alla conferenza "The Italian Perspective on Metahistorical Fiction: The New Italian Epic", Institute of Germanic and Romance Studies, University of London, UK, 2 ottobre 2008. E' Wu Ming 1 che parla e parla di letteratura. Di letteratura italiana contemporanea. Il titolo è Noi dobbiamo essere i genitori ed è pubblicato da Carmilla on line qui.

7.10.08

Colours





A me piace il viola.
A voi?
Un sito esplora il database di flickr in base ai colori che gli dite di voi.

Ridamoci su?



Preghiera per la Beata Ignoranza

Maria,
Stella d'ignoranza,
Il governo è con te.
Tu sei benedetta da Tremonti
E benedetto è il trucco dei tuoi tagli.
Senta, Maria
L'ira della scuola
Che vuol negare ai bambini
Come a chi lavora.
Non le è permesso
Né ora né mai
Di decidere così
La nostra sorte.

Ridiamoci su

5.10.08

Bacon



La mostra era a Milano fino alle fine di Agosto.
Fino ad allora di Bacon avevo visto qualcosa qua e là, non opere, riproduzioni, e quel poco mi incuriosiva molto. Questi corpi deformati, facce deformate. I trittici. E ho sempre pensato che Bacon doveva essere uno parecchio depresso. Insomma in modo parecchio superficiale mi veniva in mente Van Gogh. Classico artista maledetto. Ero anche convinta che fosse morto suicida.
Invece no.
E' morto a 83 anni di infarto.
Faceva parte della mostra milanese anche un'intervista girata nel 1985. Una sorpresa. Bacon è un tipo alto, palesemente gay, ironico, sorridente, simpatico.
Quando l'intervistatore gli mostra la sua opera Study for a portrait on a folding bed, Bacon reagisce con 'che distatro, un completo disastro'.
Intervistatore: Perché pensi sia un disastro?
Bacon: Perché non funziona.
...
Intervistatore davanti a una diapositiva di un'opera di Rothko: Trovi delle qualità in Rothko.
Bacon: Rothko mi sfugge totalmente. Credo che almeno la pittura astratta dovrebbe esprimersi con colori vibranti. Qui alla Tate c'è una stanza con dei Rothko, se ti vuoi deprimere per il resto della giornata, basta andare in quella stanza. Immagino che questo aspetto possa essere considerato una qualità, ma io veramente non sopporto quel marrone sporco che ha usato per quelle cose.
L'intervista è anche seria, si parla dei suoi quadri, di come dipinge, dei riconoscimenti, delle mostre, si vede il suo studio, il bar dove va a bere. Lui è sempre ironico, sembra sempre dare poca importanza alle sue cose anche se ho letto che a Bacon piaceva creare una specie di mitologia intorno alla sua persona, spesso inventandosi gli aneddoti.
Dopo l'intervista comunque i suoi quadri prendono un aspetto diverso. Certo, rimangono grotteschi, allucinatori, queste bocche sempre urlanti (nell'intervista Bacon dice che a un certo punto gli capitò tra le mani un libro di fotografie mediche, forse per dentisti, della bocca, che lo aveva molto ossessionato), i corpi contorti; ma dopo l'intervista noto anche i colori accesi, fucsia, rosso, arancione (altro che sporco marrone), le lampadine che penzolano dai soffitti, le forme geometriche in cui inserisce le sue figure. Dopo l'intervista Bacon mi piace di più.

E' da poco stata inaugurata alla Tate di Londra una retrospettiva su Bacon che durerà fino ai primi di gennaio. Anche un'altra mostra è stata inaugurata nello stesso periodo, sempre alla Tate. Indovinate di chi?